26.2.10

ScatoleCraniche




Chi  vuol  muovere il  mondo, prima  muova  se  stesso. 
(Socrate)






Teorema del traslocatore felice (con speciale applicazione algebrica per chi cambia paese).

Premesso che:
1- la quantità di cose inutili accumulate è sempre superiore al numero di cose utili smarrite chissà dove.

2- la quantità di vestiti che non mettete più, non avete mai messo o, tristemente, non vi entrano più è sempre superiore alle pochissime cose che vi stanno davvero bene. Queste ultime sono in gran parte perse e/o danneggiate e/o irrimediabilmente fuori moda.

3- la quantità di libri che volete conservare per il giorno in cui avrete una casa tutta vostra con un'enorme libreria è inversamente proporzionale alla somma degli stipendi degli ultimi 10 anni. Minore, cioè, è la ricchezza accumulata, maggiore sarà la quantità di libri che non saprete mai dove mettere perché per acquistare la succitata casa tutta vostra con annessa enorme libreria ci vorrà una somma uguale o maggiore a 48,5 anni di stipendi, al quadrato.

4- la quantità di lettere d'amore, foto romantiche, bigliettini carichi di tenere promesse è sempre superiore al numero di persone che hanno mantenuto suddette promesse e/o al numero di persone le cui promesse vi interessa ricordare.

5- la quantità di cose importanti che andranno smarrite durante il trasloco è sempre superiore a quelle che riuscirete a mettere in salvo, e che poi comunque dimenticherete da qualche parte.


Date le premesse, si evince che la variabile trasloco T è la risultante di:

T = (q + c) - (s * m)

T è quindi uguale alla somma di quantità più caos meno lo spazio moltiplicato per la massa di oggetti.


Il teorema è perciò la dimostrazione empirica dell'assioma di Scatulus (matematico napoletano del 125 a.C.): "Nel dubbio, butta tutto".

Le cose davvero importanti non entrano in una scatola. Sono altrove, sono sempre con te. (Scatulus sarebbe stato d'accordo)



DOVE É FINITO QUEL COSO?
Pasta
Tutto il resto

Il traslocatore o, come nel mio caso, l'abbandonatore di suolo patrio munito solo di uno zainetto, è solito trascorrere in solitudine le ultime giornate nella casa che sta per abbandonare per sempre. Gli amici fanno sporadiche comparizioni, ti aiutano a spostare un ferma carte (che perderanno un minuto dopo) e poi spariscono al grido di "e che vuoi che sia, in fondo hai poca roba". Trascurato e confuso, il traslocatore solitario  cessa di fare la spesa almeno 5 giorni prima dell'abbandono del tetto, giorni in cui si dedica a svuotare la dispensa con furia, producendosi in improvvisazioni culinarie da brivido (de paura). Il traslocatore impara presto che la pasta rimasta è abbinabile praticamente a qualunque cosa, se non ti formalizzi troppo. A quel punto il traslocatore in genere deperisce, si deprime e, nel dubbio, butta tutto (anche la pasta).
Vi penso con amore. (chi mi allunga un tramezzino?)

P.S. per la rubrica "forse non tutti sanno che ma non gliene frega neanche niente", in inglese traslocare si dice "to move", che è ovviamente lo stesso verbo che si usa per dire muovere. 'Sti cavoli direte voi, e in effetti non è un granchè come scoperta. Però aggiungo che "to move on" vuol dire andare avanti, anche in senso figurato, voltare pagina. La parola inglese per trasloco richiama quindi il concetto di movimento, una processione in avanti. Sarà stupido, ma a me sembra bello.
Ora scusate devo andare, I'm moving.

Playlist in movimento
The Rolling Stones - I'm moving on
Jet - Move on

11.2.10

CiaoAmoreCiao

Mattino
Era necessario un addio, perché capissi,
che non c’è un addio per noi.
Per sempre porterò in me quest’alba
come segno di bruciatura.
Alzàti sul far del giorno,
partimmo verso l’aeroporto grigio
ed eravamo contenti, perché era così lontano.
La mia ultima parola fu un sorriso.
E sopra di noi sorgeva con l’addio
l’incontro vero e l’amore.

(Blaga Dimitrova)





Siete pronti, siete caldi? Anch’io.
Avete presente la fuga dei talenti? Ecco, mescolatela con la fuga da Alcatraz, aggiungete un pizzico di galline in fuga, spolverate con il punto di fuga e annaffiate con una fuga di notizie: et voilà, la ricetta della fuga dei cervelli (fritti), secondo CuocaPrecaria.

Che poi manco fuggo, altrimenti sembra che vado via senza pagare, una fuga all’inglese, una ritirata strategica. Non sto sgattaiolando dalla porta del retro, non dico scendo un attimo a comprare il giornale, non salto sul primo treno travestita da Roger Rabbit. Mi allontano con discreta eleganza, saluto agitando la manina, ascolto gli amici promettermi che sentiranno la mia mancanza, perdono i nemici, mi accomiato con gentilezza dai luoghi della mia quotidianità e a quel punto, se non serve altro, vado.

Che poi ho persino trovato un lavoro, roba da matti. Ragazzi, io nella vita di colloqui ne ho fatti: individuali, di gruppo, motivazionali, tecnici, improvvisati. Ho fatto colloqui in uffici, nei bar, al telefono, via mail. Ho fatto colloqui in cui mi hanno chiesto di raccontare barzellette, di fingermi amministratore delegato di un’azienda sull’orlo del fallimento e di improvvisare un piano di ristrutturazione, di raccontare di me in varie lingue, di dirgli come mi vedo tra 2 anni, tra 5, tra 10, tra 20. Ho illustrato i miei pregi e difetti con la malizia di un piazzista di enciclopedie, ho descritto le mie ambizioni con la calma strategica di un politico rivoluzionario attento però anche ai bisogni degli elettori più conservatori, ho sorriso empatica, stretto mani con assertiva dolcezza, aspettato risposte come una Penelope ottimista.
Ragazzi, io di colloqui ne ho fatti, ma mai così tanti e tutti insieme come per questo lavoro. Ho mandato la candidatura un anno fa, e in questi 12 mesi ci sono stati colloqui telefonici, prove scritte, test di personalità, interviste in sede durate ore… Una catarsi di colloqui che sembra organizzata da una divinità greca in vena di scherzi. La Nemesi del colloquiatore professionista.
Ma tant’è, alla fine mi hanno preso (e qui potete applaudire).
Ragion per cui, se non serve altro, vado.

Ma tranquilli, vado in Spagna, nel momento esatto in cui si grida alla fine del “miracolo spagnolo”. Con un tempismo degno dei più avveduti analisti finanziari, mi trasferisco in terra iberica quando questa rischia la bancarotta. Perfetto così, non ce la farei a vivere in un paese con un’economia stabile e fiorente, sai che noia.
Vado a Barcellona, una città bellissima, che ho sempre amato e dove ho sempre sognato di vivere (e qui potete commuovervi).
Mi trasferisco a breve, ma non mi scordo di voi. CocineraPrecaria continuerà dalla Spagna. Sono sempre io, solo dall'altro lato del Mediterraneo.
Ora, se non serve altro, vado.


CERVELLI FRITTI (E IN FUGA)

Ecco, qui ci vorrebbe la ricetta del cervello fritto. Ma io il cervello fritto non l’ho mai cucinato, mi sono limitata a mangiarlo qualche volta, e, se non ti soffermi troppo a pensare che stai masticando i neuroni di una mucca ciclotimica, mi è anche piaciuto. A senso direi che ci si procura del cervello di vitello, lo si manipola in qualche maniera splatter, si infarina, si passa nell’uovo sbattuto e poi si frigge.
Ma direi che lascio a voi la graziosa incombenza.
Io, se non serve altro, vado.

La solita strada, bianca come il sale
il grano da crescere, i campi da arare.
Guardare ogni giorno
se piove o c'e' il sole,
per saper se domani
si vive o si muore
e un bel giorno dire basta e andare via.
Ciao amore,
ciao amore, ciao amore ciao.



Playlist fuggevole
Luigi Tenco – Ciao amore ciao