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31.12.08
L’annoCheVerrà
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20.12.08
Straripamenti

10.12.08
MetàMortiMetàNo

Tutto cambia.
(Ovidio – da Le Metamorfosi)
Pochi giorni fa è stato presentato il rapporto Censis 2008 sullo stato di salute del nostro bel Paese. Dopo l’inquietante risultato dell’anno scorso (remember le mucillagini) e visto il procedere trionfale della Crisi, quest’anno aspettavo il peggio e mi accingevo a leggere il rapporto circondata da amuleti e corone d’aglio. E invece i ricercatori del Censis sono stati, bontà loro, incredibilmente ottimisti.
Certo, non è che ci sia poi tanto da scialare: il 40% delle famiglie italiane si sentono minacciate dalla Crisi e il 32% "reputa più pessimisticamente che la crisi invece ci peggiorerà, facendo riemergere l'egoismo e l'interesse personale esasperato". Ma un coraggioso 37% di italiani pensa che la Crisi potrà portare a un miglioramento. Una “seconda metamorfosi” la chiama il Censis, “forse già silenziosamente in marcia” e capace di risollevare le sorti del Paese come e meglio della prima metamorfosi, quella del trentennio 1945-1975. Siamo praticamente tornati al dopoguerra, ma questo vuol dire che forse je la potemo fa’. E sottolineo il forse.
Nel frattempo più di un italiano su tre considera il proprio lavoro a rischio, percentuale che sale vertiginosamente al 64,7% tra i lavoratori “flessibili”. E il divario tra occupazione maschile e femminile è ancora scandalosamente alto.
Ma insomma, tutte le difficoltà spalancate sul nostro incerto cammino potrebbero, sostiene il Censis, avviare nuove possibilità di cambiamento.
Il mio ultimo post era quindi abbastanza profetico, e scusate se è poco.
A questo punto non rimane che essere ottimisti, e ritornare agilmente all’antico se, come si legge nel rapporto, “da noi la strada verso una nuova frugalità, fatta di consumi funzionali conditi con qualche sfizio, è meno tormentata”.
Questa storia del frugale condito con sfizi mi piace, cominciamo subito allora.
LENTI MA PICCANTI
lenticchie
carote
sedano
cipolla
pomodori secchi
acqua o brodo
curry
olio
sale
Crisi o no, un piatto di lenticchie costa sempre poco e, pare, è anche di buon auspicio. In attesa che le lenticchie si tramutino in euro, possiamo condire il frugale ma benaugurante pasto con qualche sfizio piccante, in questo caso il curry.
Trito finemente carote, sedano, pomodori secchi e cipolla e li faccio soffriggere qualche minuto in olio. Aggiungo poi le lenticchie, un po’ d’acqua (o il brodo), il sale e comincio la cottura, mescolando ogni tanto. A mano a mano che si asciuga aggiungo altra acqua/brodo e quando è quasi pronto aggiungo il curry. A cottura ultimata (ci vuole circa un'ora) condisco con un filo d’olio a crudo.
Volendo potete frullare il tutto con il minipimer e trasformare le lenticchie in crema da spalmare su fette di pane caldo. Anche queste sono metamorfosi…
Playlist metamorfizzante
Philip Glass – Metamorphosis
Hilary Duff – Metamorphosis
Cafe Macuba - Metamorfosis
28.11.08
CambiaVento

La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta.
(Theodor Adorno)
Crisi:dal greco krinò = separo, decido.
La crisi è un momento di rottura dal passato, una separazione di eventi. Avviene quando qualcosa sta cambiando o quando qualcuno decide che le cose devono cambiare.
La crisi segna il passaggio, il cambiamento.
Ma se più in basso di così c’è solo da scavare, allora non è poi difficile pensare che le cose miglioreranno prima o poi, no?
Nel frattempo devo postare una ricetta natalizia, per quanto un po’ in anticipo.
In uno slancio di incauta hubris culinaria, ho infatti deciso di rispondere all’invito di GialloZafferano e partecipare al concorso “Sapore di Sfida – Dolce Natale”.
Sicura di non vincere, do il mio contributo alla categoria “io almeno ci ho provato”, postando per prima volta, e in via del tutto eccezionale, anche le foto della mia ricetta.
Ma non ci fate la (pessima) abitudine.
Il mio dolce è un torrone bifasico, bianco come l’ottimismo, nero come la crisi e separato come gli eventi, aspettando il cambiamento.
È facile, perché se il tempo è denaro e di soldi ce ne sono pochi, bisogna ottimizzare pure i minuti.
TORRONE BLACK&WHITE (IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO)
100 grammi di cioccolato bianco
50 grammi di nocciole
Faccio sciogliere a bagnomaria i due cioccolati in contenitori separati. Intanto fodero uno stampo rettangolare (o della forma che preferite) con alluminio. Appena il cioccolato è fuso, rivesto lo stampo con il cioccolato fondente e infilo le nocciole, intere o tagliate a metà. Rivesto il tutto con il cioccolato bianco e con uno stuzzicadenti rimuovo la superficie in modo da creare delle onde. Lascio raffreddare e quando è ben solidificato taglio a rettangoli.
Mangio aspettando il Natale, o il cambiamento, o entrambi.
Playlist bianca e nera e in crisi
Daniele Silvestri – Salirò
Sarah McLachlan – Black and white
17.11.08
CalmaGialla

Se riesci a mantenere la calma quando intorno a te tutti hanno perso la testa, può darsi che tu non abbia afferrato bene la situazione.
(Jean Kerr)
È troppo tempo che non aggiorno il blog, ma non ho davvero nulla da dichiarare.
Sciolgo il silenzio solo per darvi una buona notizia: il Natale è quasi alle porte, presto ingrasseremo almeno 3 chili, non faremo sport a sufficienza e, se tutto va bene, ci beccheremo pure l'influenza. A gennaio saremo sicuramente più poveri, cicciottelli, indeboliti e depressi. Ovviamente anche precari, ma a quello oramai siamo abituati.
Ma coraggio, dal Giappone arriva una nuova speranza: la Morning Banana Diet.
Inventata da una farmacista nipponica stufa della pancetta del marito, tale Sumiko Watanabe, la nuova follia dietetica ha presto conquistato le platee soprappeso di tutto il mondo promettendo dimagrimenti rapidi e senza fatica. In Giappone pare sia oramai difficile trovare banane nei supermercati e negli Stati Uniti la nuova dieta gialla è già fenomeno di costume, ne parlano i giornali, anche i più seriosi, e le televisioni schierano nutrizionisti di grido per commentare l’innovativo regime dietetico.
Insomma, a quanto pare una banana al giorno leva la ciccia di torno, e anche lo stress. L'idea di base del nuovo miracolo dietetico è infatti, oltre alle banane, la ricerca della quiete perduta. La dieta prescrive di andare a letto presto, massimo a mezzanotte, e di evitare in ogni modo di preoccuparsi. Oltre ai frutti del banano da consumare a colazione, pare non ci siano altre restrizioni particolari se non quella di evitare i dolci e bere tanta acqua. E soprattutto, stare tranquilli.
Fate sport solo se vi va, prescrive la bananologa di Osaka, non affannatevi, non inseguite il dimagrimento, rilassatevi.
È l’unico frutto dell’amor, è la banana.
Insomma, chi non si stressa forse non ingrassa, magari dimagrisce e sicuramente vive più sereno.
C'è di che riflettere.
DON'T WORRY, BANANA HAPPY
2 banane
25 grammi di burro
50 grammi di zucchero di canna
3 cucchiai di panna
1 cucchiaio di mandorle a lamelle
Questo wok di banane caramellate non è esattamente quello che io definirei un piatto dietetico, ma è sicuramente rilassante. Le dosi sono per due persone, o per una molto rilassata e pochissimo a dieta.
Sbrigatevi a comprare le banane prima che la Morning Banana Diet spopoli anche qui, se Bruno Vespa decidesse di parlarne a Porta a Porta con la Parietti e Crepet addio banane (e addio relax).
Sbuccio le banane e le taglio a tronchetti. Poi scaldo il burro nel wok (o in una padella dai bordi alti) e salto a fuoco vivo le banane finché non diventano tenere. Nel frattempo faccio dorare le mandorle qualche minuto in un padellino antiaderente. Ritiro poi le banane dal wok e le sistemo in un piatto (meglio se riscaldato). Aggiungo allora nel wok lo zucchero, mescolo bene e lascio caramellare fino a doratura. Verso poi il caramello sulle banane e cospargo con le mandorle tostate.
Servite, mangiate e cantate in coro:
Come, Mister tally man, tally me banana, daylight come and me wan' go home. Day-o, day-ay-ay-o, daylight come and me wan' go home.
Vi vedo già più magri.
Playlist gialla
M. Chacon - È l’unico frutto dell’amor
7.11.08
Cambiamenti

(James Joyce)
Per chi ancora non se ne fosse accorto Barack Obama è il nuovo presidente degli Stati Uniti.
Obama quello “giovane, bello e abbronzato”, secondo la fortunata definizione del nostro Presidente del Consiglio. Il tris di epiteti sfornato dal Cavaliere ha ovviamente scatenato le polemiche dell’opposizione e dei giornalisti italiani, e lo “stupore” della stampa internazionale. Macché razzismo, era una “carineria”, ha precisato poi il nostro simpatico gaffeur.
Ai petulanti detrattori, che continuavano a scocciare con le loro dichiarazioni indignate, Berlusconi ha poi detto “Dio ci salvi dagli imbecilli”, e successivamente “uno può sempre prendere la laurea del coglione quando vuole”, gettando in questo modo le basi per un nuovo pout-pourrì di veementi scambi di idee (quali?) tra maggioranza e opposizione che ci faranno compagnia nei prossimi giorni.
Altro che American Dream, qui si muore di noia.
ARIA FRITTA (meglio cambiare, no?)
1 Pollo a pezzi
2 Uova
1 bicchiere di latte
Farina
Olio di semi
Spezie varie
Dedico questo croccante "Fried Chicken" al vento di cambiamento che soffia in America, ai suoi abbronzati politici e a tutti quelli che vogliono cambiare: qualcosa o qualcuno o sé stessi.
Non lo dedico invece a chi non cambia mai, loro possono riscaldarsi la solita, vecchia, minestra.
Preparo una miscela di spezie secche che aggiungerò alla farina per impanare. Uso tutto quello che ho in casa (aglio e cipolla in polvere, pepe nero grattugiato, paprika, origano, salvia e basilico sminuzzati, cannella, ecc) e lo setaccio insieme alla farina in una scodella.
Nel frattempo sbatto due uova con il latte e faccio scaldare l’olio di semi in una padella capiente. Passo i pezzi di pollo nelle uova e successivamente nella miscela di spezie e farina. Poi tuffo nell’olio bollente, rigirando spesso. Appena i pezzi di polli hanno raggiunto un invitante aspetto dorato e “crispy”, li metto a scolare su carta assorbente. Mangio caldissimi.
Playlist cangiante
Bob Dylan - The times they are a changin'
27.10.08
PuntoDiDomanda

Accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde.
(Alessandro Baricco)
Ci sono domande che non hanno risposta.
Per tutte le altre c’è Yahoo Answers.
Se come me ogni tanto vi capita di rivolgere al web le vostre domande più inconfessabili avrete già visto in azione il mirabolante risponditore di Yahoo.
Lo adoro, soprattutto perché il moderno oracolo digitale contribuisce fortemente alla manutenzione della mia autostima. Ogni volta che digito una domanda assurda, stupida o, appunto, inconfessabile, trovo sempre qualcuno che quella domanda se l’è posta prima di me. Quindi: la domanda non è così stupida, oppure è stupida ma comunque non siamo soli sulla terra.
Se non ci credete andate QUI a provare. E poi già solo l’home page garantisce un’iniezione rapida di buon umore. Mentre scrivo, le domande in home page sono, fra le altre, le seguenti:
- Dove posso trovare delle recinzioni per porcellini d'india?
- Il 30 ottobre che sciopero è?
- Esistono i cofanetti che raccolgono tutti i film di halloween e di venerdi 13?
- Ragazze! Consigli per un primo appuntamento?
- Essere salutisti, esserlo nell'anima?
Non so voi, ma il sapere che tra tutti i miei problemi non ho quello di trovare una recinzione per porcellini d'india mi è di grande conforto in questo momento.
Certo, poi ci sono domande alquanto inquietanti… Come questa:
“Ragazze, in una lotta qualè la zona da colpire x far cadere una ragazza molto più alta di voi? (immaginate che nn riuscite a colpirla in faccia perchè non ci arrivate) voi avete mai picchiato una + alta di voi ? come avete fatto?”.
Quindi in giro c’è una nanerottola bellicosa a piede libero che ha rimediato già ben 5 risposte alla sua domanda. Le stangone sono avvertite.
Per il resto, sbizzarritevi pure. Io ho appena digitato “c’è vita su Marte?” e ho scoperto che 50 persone prima di me hanno fatto questa domanda, e chissà quanti hanno risposto.
Magari i marziani non sono solo su Marte…
ORZOTTO SPERANZOSO
Orzo Perlato
Cipolla bianca
Carote
Brodo
Parmigiano
Sale
Olio
Prezzemolo
Pepe
Questa non è una ricetta. È una risposta. Dedicata a tutti quelli che si chiedono ansiosi: ma cos’è l’orzotto? È un risotto fatto con l’orzo perlato.
E con questo so di aver alleggerito i cuori di molti instancabili domandieri.
Faccio un soffritto con l’olio e la cipolla mentre sciacquo l’orzo sotto l’acqua corrente (non ha bisogno di ammollo). Quando la cipolla imbiondisce unisco l’orzo e faccio rosolare qualche minuto. Poi, mentre canto Tell me why, tell me why is it so, aggiungo il brodo. A metà cottura (ci vuole circa mezz’ora) aggiungo una o due carote crude tagliate a cubetti.
Intono ditemi perché se la mucca fa mu il merlo non fa me mentre spengo il fuoco, aggiungo il prezzemolo e il parmigiano grattugiato e lascio mantecare. Una volta nei piatto cospargo con pepe nero appena macinato.
E per oggi non ho altre domande.
Playlist dell'oracolo
Gloria Gaynor - Never can say goodbye
Elio e le storie tese - Nubi di ieri sul nostro domani odierno (Abitudinario)
16.10.08
PoveriNoi

(Albert Einstein)
Il cielo di Roma pullula di rondini indecise. È tempo di migrare, qui si prepara il freddo.
I’m like a bird, I’ll only fly away.
Ma le rondini faranno meglio a dirigersi verso un atollo esclusivo con Club Mediterranée dove svolazzare frivole sui bikini abbronzati di annoiate signore inglesi. Se si sbagliano e finiscono a sorvolare un qualunque villaggio in Burkina Faso magari poi non le fanno tornare a popolare gli italici empirei. Qualche illuminato parlamentare forse sta già preparando una nuova mozione per la prossima primavera: rimpatriamo le rondini provenienti dai paesi poveri, i cieli italiani alle rondini italiane.
Non mi stupirebbe, visto l’accogliente clima di razzismo di questo autunno italiano.
Italianissimo da sette generazioni. Che ce ne andiamo in Bulgaria e invece di guardare la partita gridiamo slogan nazisti. Che ogni tanto andiamo a picchiare qualche negro, ma solo per noia. Che i rumeni so' tutti ladri, gli albanesi papponi, gli arabi terroristi e i cinesi mettono il latte avariato nei nostri biberon di plastica radioattiva. Che a scuola non vogliamo classi miste, gli stranieri non lo parlano bene come a noi il linguaggio italiano e i bambini poi farebbino casino coi congiuntivi se ce stessero i marocchini in classe.
L’Italia è nostra e la vogliamo tutta per noi, si sta così bene qui.
Intanto un italiano su quattro rischia di diventare povero, anche perché, wow, il nostro efficientissimo welfare è il meno efficiente d’Europa. Ci sono già sette milioni e mezzo di connazionali con pedigree che vivono sotto la soglia della povertà e, dati Istat alla mano, almeno altrettanti milioni di illustri discendenti di D’Annunzio camminano in bilico sul glorioso boulevard dell’indigenza. E ora che facciamo, organizziamo un marcetta su Fiume?
O ci imbarchiamo tutti sulla prima nave a vapore e andiamo a fare Little Italy in qualche paese esotico e generoso? Non servono neanche più la valige di cartone, possiamo usare il nostro comodo trolley della Samsonite, ci portiamo il cellulare quadriband così possiamo usarlo anche in Giappone e il portatile comprato a rate da Unieuro per spedire mail ai parenti rimasti in patria.
E speriamo che all’estero siano più accoglienti di noi.
ROTOLANDO
15 foglie di vite in salamoia
200 grammi di carne macinata (opzionale)
1 tazza di riso a grana lunga
1 cipolla
prezzemolo e/o aneto
olio
sale
pepe
Gli involtini di foglie di vite sono un piatto tipico turco, ma anche greco, rumeno, bulgaro e di chissà quali altri paesi strabordanti di stranieri pronti ad invadere la nostra penisola ricca e felice.
Siccome ho il fondato sospetto che presto tante Samsonite atterreranno all’estero in cerca di fortuna, magari proprio dai rumeni, vi omaggio di questa ricetta ottomana, fosse mai che arrotolando un involtino vi facciate amici i vostri nuovi vicini di casa.
Ripescate la vecchia hit rumena del 2004, Dragostea, mentre l’ascoltate sciacquate le foglie di vite per fargli perdere un po’ di sale e poi mettetele ad asciugare su un canovaccio. Nel frattempo preparate un soffritto con la cipolla, aggiungete il riso, la carne macinata (la versione vegetariana la sostituisce con l’uvetta e i pinoli) e le spezie. Ricoprite a filo con acqua calda e lasciate cuocere una decina di minuti, mescolando a ritmo dance. Poi fate raffreddare il tutto. A questo punto riempite ogni foglia di vite con un cucchiaino di ripieno e poi ripiegatela su se stessa fino a formare un rotolino. Quando avrete finito di arrotolare tutte le foglie (ci vorrà un po’, vi avviso) coprite il fondo di una pirofila con altre foglie di vite e disponetevi i rotolini allineati. Coprite d’acqua e fate cuocere a fuoco basso e con il coperchio per almeno 40 minuti.
Si mangiano tiepidi o freddi accompagnati con salsa allo yogurt.
Buon viaggio, scrivete quando siete arrivati. Baci ai pupi.
Playlist volante
7.10.08
Bersagliati

(Eugen Herrigel - Lo Zen e il tiro con l’arco)
Ottobrata romana, fatevi sotto.
La Società per Azioni Inconsulte, CuocaPrecaria SpAI, è alla ricerca di personale da inserire nel proprio disorganico.
Ai candidati si richiede: capacità di lavoro di squadra, empatia, intelligenza, creatività, tolleranza, autoironia in dosi significative.
Questo è quindi il momento buono per: lodarmi o adularmi (non noterei la differenza), offrirmi supporto morale e/o materiale (ancora meglio entrambi), raccontarmi storie belle, darmi un pacca sulle spalle, un bacio accademico, un giorno di pace.
Astenersi privi di requisiti, perditempo, astiosi e rancorosi.
Si offre contratto a tempo indefinibile. Retribuzione secondo effettive competenze. Ottime cene.
Soprattutto ottime cene.
Al momento infatti, mentre tutto il resto traballa, ho l’Io Gastronomico in gran forma e mi produco in improvvisazioni culinarie di alto livello (per i miei livelli).
Vado forte specialmente nelle jam session di“cosa abbiamo in frigo”. Scruto gli sparuti ingredienti che ancora attendono una collocazione alimentare, li riordino mentalmente e appronto combinazioni che stupiscono anche me.
I risultati sono quasi sempre buoni, a volte ottimi, a volte, quando mi distraggo, bruciacchiati. Ma in generale il bilancio è assolutamente strabiliante, se teniamo conto della scarsità di alimenti che normalmente caratterizza il mio frigo.
La mia creatività ora è stranamente focalizzata sull’agroalimentare.
Potrei mettermi a zappare la terra. Per cui allargo la ricerca di personale anche ai latifondisti della zona (si offrono interessanti provvigioni). Prestatemi un campicello dove coltivare zucche e pomodori e, nel contatto con la terra, ritrovare finalmente me stessa.
O dove perdermi definitivamente di vista. Non sono sicura che sentirei la mia mancanza.
In attesa di smistare la creatività anche oltre il mio orto, o il mio fornello, nei prossimi giorni allungherò il brodo della sezione link, aggiungendo alcuni blogger che si occupano di lavoro, precariato e stabilità, certezze e dubbi, scrittura e analfabetismo di ritorno. Sono tempi duri, e bruciacchiati, bisogna ascoltare voci nuove, le vecchie blaterano risposte che non servono più a nessuna domanda.
Conto di dare presto il mio contributo alla causa, soprattutto agli analfabeti, quelli di ritorno e quelli che non si sono mai mossi da lì.
E ora libiamo, negli incerti calici.
ME, MY FRIDGE AND I
Niente ingredienti, stiamo parlando di una jam session, dovete improvvisare. Il mio ruolo qui è solo quello di guidarvi nella fase creativa del processo.
Nel nostro corso accelerato di lo zen e l’arte del frigo mezzo vuoto per prima cosa, cari amici, occorre “impostare l’attitudine”.
La nostra powerful mind deve essere chiaramente focalizzata sul risultato positivo del processo, come quando tirate con l’arco (e chi non tira con l’arco al giorno d’oggi?), bisogna vedere la freccia che centra il bersaglio ancora prima di tirare. Chiaro, no?
Ci avviciniamo al frigo con passo sicuro, respiriamo col diaframma e lasciamo fluire liberamente l’energia. Svuotiamo la testa dai pensieri negativi, noi possiamo farlo. Yes, we can (anzi ripensandoci questo non diciamolo, porta sfiga).
Ripetiamo insieme: io sono consapevole delle mie capacità, io mi stimo e mi voglio bene, io mi perdono per l’arrosto bruciato, io amo l’universo e l’universo mi ama.
Respiriamo ancora. Liberiamo l’energia. Mente focalizzata sull’obiettivo. Io sono calma e tutto andrà bene.
Ok, adesso possiamo aprire il frigo.
Buona fortuna.
22.9.08
Numerologia

C’è una cosa che non capisco.
L’Italia è piena di gente che lavora nei call center. Esce un film sui precari e lavorano tutti al call center, pure la Ferilli. Migliaia di italiani, da anni, non fanno altro che rispondere al telefono di un qualche call center.
Ma allora perché quando chiami non ti risponde mai nessuno? Ti rispondono dopo ore di attesa, se va bene.
Le altre migliaia di precari, in quale call center lavorano?
Ti telefono o no, ti telefono o no, ho il morale in cantina.
Oggi ho chiamato il call center di AceaElectrabel. Dopo la solita gincana volta a scoraggiare i perditempo (prema 3, poi cancelletto, poi prema 4, poi 5+2+9) alla fine del labirinto raggiungo l’agognata opzione di parlare con l’operatore, e finalmente mi mettono in attesa.
Qualche genio del marketing deve aver stabilito che “l’utente” si innervosisce di meno se fanno il countdown, tipo capodanno, per cui la vocetta elettronica gracchiava così: “il tempo di attesa previsto è inferiore agli 8 minuti, rimanga in linea”. Peccato che poi non andassero a scalare, che so: ora mancano 6 minuti, e poi 4, dai ci sei manca solo un minuto. No, la vocetta ha continuato a sostenere imperterrita: “mancano meno di 8 minuti”, non rompere.
L’8 nella Cabala significa prove, sofferenze e, soprattutto, pazienza.
Dopo 19 minuti finalmente mi risponde l’operatore numero 256, in cosa posso aiutarla?
Sfinita dall'attesa, decido di intavolare con il signor 256 una lunga conversazione, volta a risolvere una volta per tutte i miei problemi con le bollette della luce.
Esordisco con sicumera: Buongiorno, volevo segnalare un errore nella mia ultima bolletta, avete conteggiato i consumi dal dicembre 2007. Perché, visto che i precedenti pagamenti sono tutti regolari?
256: Mi dà il suo numero utenza, signora? Ok, la metto in attesa.
Passano 6 minuti.
256: (con aria di compatimento) No signora, non è un errore. È il conguaglio.
CuocaPrecaria: Ah…
256: Lo so, reagiscono tutti male quando scoprono il conguaglio, mi dispiace. (Empatizza con me. Evidentemente è uno dei tanti laureati in psicologia costretti al call center)
CP: (con molta meno sicumera) Ma non è possibile, faccio sempre la lettura del contatore. Sa, chiamo, do i numeri...
256: (ironico) Beh, sempre non direi. L’ultima è del luglio scorso, ma era da un anno che non notificava la lettura. Anzi, questo conguaglio non è neanche eccessivo, se spalma la cifra su 12 mesi. C’è gente che si ritrova a pagare conguagli di più di mille euro…
CP: (cerco di dividere mentalmente la cifra per 12, non ci riesco) Quindi non ho alternative?
256: No.
CP: (sfodero l’asso nella manica) Va bene, pago. Però l’Acea doveva versarmi un assegno di 200 euro per un conguaglio mal conteggiato di un anno fa. L’assegno non è mai arrivato.
256: (scocciato) Rimanga in attesa, controllo la pratica.
Passano 14 minuti.
256: Signora è ancora in linea? (Certo che sono ancora in linea, chi ti molla?) Sì, effettivamente per questa utenza risulta l’emissione di un assegno di rimborso. Non mi risulta se sia stato riscosso.
CP: Glielo dico io, non è stato riscosso. Semplicemente non è mai arrivato.
256: Mi dispiace. Allora inoltro di nuovo la pratica.
CP: (con tono complice) Ma perché complicarci la vita con le pratiche? Non possiamo scalare questi 200 euro direttamente dalla bolletta?
256: (per niente complice) Mi dispiace, se l’importo del rimborso è superiore ai 150 euro dobbiamo procedere con l’invio dell’assegno.
CP: (tra sé e sé) Se mi dice un’altra volta "mi dispiace" comincio a urlare…
256: Procedo con la pratica. Dobbiamo chiamare le poste per sincerarci che l’assegno non sia stato effettivamente riscosso e poi possiamo attivare una nuova richiesta di rimborso. L’assegno dovrebbe arrivarle a fine novembre. Se non le arriva ci richiami.
Già, fosse facile. Sconfortata, decido a quel punto di non vanificare la mezzora trascorsa in compagnia di 256 e AceaElectrabel e sondo nuove possibilità elettriche.
CP: Senta ma invece per avere la tariffa differenziata secondo le fasce orarie, che bisogna fare?
256: (impaziente) Signora non dipende da lei. Per attivare la day&night deve avere il contatore elettronico. Qui vedo che lei ha quello tradizionale.
CP: Infatti. E per avere il contatore elettronico?
256: (impazientissimo) Signora, l’impiantazione del contatore è affidata ad una ditta esterna, non a noi. Qui mi risulta che i tecnici sono venuti nella sua zona il 26 febbraio scorso, evidentemente non era in casa.
CP: Certo che non c’ero! Nessuno ha avvisato che sarebbero venuti i tecnici “dell’impantazione”. Come fa la gente a sapere che deve rimanere in casa se nessuno avvisa?
256: Ha ragione. Ma come le ho spiegato le impiantazioni sono affidate ad altri, non possiamo gestirle noi direttamente.
CP: Quindi immagino che non ci sia modo di sapere se e quando questi tecnici capiteranno da queste parti per una nuova “impiantazione”?
256: No, mi dispiace.
CP: (soprassiedo sull'ennesimo "mi dispiace", sospiro lungamente) Bene, pagherò la mia bolletta entro i termini, aspetterò che forse un giorno mi vengano restituiti 200 euro e, nel dubbio, rimarrò in casa. Fosse mai passassero quelli dell’impiantazione. Grazie e buon lavoro.
256: (sollevato) Grazie a lei signora. Buona giornata. Grazie per aver chiamato AceaElectrabel.
SE TELEFONANDO
250 grammi di riso
1 cipolla
1 scatola di passata di pomodoro
100 grammi di mozzarella
2 uova
pangrattato
brodo di verdure
vino bianco secco
farina
olio
sale
pepe
Se come me vi è capitato di perdere un’ora della vostra esistenza al telefono con qualche sardonico operatore, potete consolarvi della lunga attesa perdendo un altro po’ di tempo nella preparazione dei celebri supplì al telefono.
Faccio appassire la cipolla in olio extravergine d’oliva, poi aggiungo il vino (diciamo mezzo bicchiere) e faccio rosolare fino a quando non evapora tutto l’alcol. Unisco il riso, rosolo anche lui e poi aggiungo la passata di pomodoro, sale e pepe. A fiamma bassa, lascio sobbollire la salsa e aggiungo un po’ di brodo vegetale caldo. Giro, giro, lascio cuocere un quarto d’ora e poi aspetto che si raffreddi (faccio anche in tempo a fare uno squilletto al call center Wind, tanto per). Alcuni aggiungono al riso, prima della passata di pomodori, della carne macinata.
In ogni caso formo delle polpette allungate, faccio un buco al centro e ci piazzo un quadratino di mozzarella. Richiudo bene i supplì e li passo nella farina, poi nelle uova (sbattute) e per finire nel pangrattato. Friggo in abbondante olio bollente e li mangio caldissimi, solo così la mozzarella fila come il filo di un telefono, appunto. Freddi diventano i supplì cordless, sconsigliati anche dai peggiori call center.
Ah, per chi voglia tentare la sorte: quaterna 8 – 2 – 5 – 6 sulla ruota di Roma.
Playlist alfanumerica
Gianna Nannini – Fotoromanza
Mina – Se telefonando
8.9.08
LookingForPinco

Senti, ma che tipo di festa è? Non è che alle dieci state tutti a ballare in girotondo, io sto buttato in un angolo, no... ah no: se si balla non vengo. No, no... allora non vengo. Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto così, vicino a una finestra di profilo in controluce, voi mi fate: "Michele vieni in là con noi dai..." e io: "Andate, andate, vi raggiungo dopo..." Vengo! Ci vediamo là. No, non mi va, non vengo, no.
(Nanni Moretti - da Ecce Bombo)
È fatta.
Da pochi minuti ho anch’io il mio profilo su FaceBook, il passaporto per la cittadinanza nel meraviglioso Villaggio Globale.
Nome, cognome e una bella foto tessera.
Adesso se volete venite pure a cercarmi.
Se invece non capite di che sto parlando digitate su Google “cos’è facebook” e troverete 1.260 link in italiano pronti a sciogliere ogni dubbio.
Comunque il portentoso sito (FB per gli adepti) è nato nel 2004 in un college americano per permettere agli studenti di comunicare fra loro. Adesso vanta qualcosa come 42 milioni di utenti in tutto il mondo.
Fondamentalmente dovrebbe servire a farti ritrovare vecchi compagni di classe, amici dimenticati chissà dove e tutto quanto fa nostalgia, nostalgia canaglia.
In pochi minuti ti registri, crei la paginetta con la tua foto, scrivi dove hai studiato e il sito in automatico va a cercare tutti quelli della tua scuola. A quel punto mandi al Pinco Pallino di scuola la richiesta di includerti nella sua lista di amici. Pinco allora deve decidere: o “conferma che siete amici” (sì, FB dice proprio confermare), e ti aggiunge al suo elenco di simpatizzanti online, oppure ignora la tua richiesta e fa finta di non conoscerti (se tutti ti ignorano sei decisamente uno sfigato, proprio come a scuola).
Mi pare però di capire che vieni quasi sempre “confermato” (anche se a scuola eri un po' sfigato), perché su FB più amici hai in lista più sei fico. E siccome di tutti i profili (anche di chi non conosco) io posso stare a contare quanti amici ha, risulta subito evidente che nessuno ci tiene a passare per lo sfigato globale.
Al momento io ho una sola amica online. Temo che non migliorerò molto il ranking, visto che per il resto dei miei amici il top del tecnologico è mandarti un’e-mail, quando va bene. Già fanno fatica a capire cos’è 'sta cosa del blog che faccio io, chiedergli di iscriversi a FaceBook mi sembra veramente troppo.
Per quelli online, dubito che cercherò mai qualcuno, la possibilità che Pinco Pallino decida di non confermarmi è insopportabile.
Il trauma del “vuoi diventare amico mio?” lo superi a 8 anni. Sei perdi l’attimo sei spacciato a vita.
Comunque la prima cosa che ho fatto appena iscritta è stato cercarmi (e questo la dice lunga su parecchie cose). Be' in America esiste una tipa con il mio nome e il mio rarissimo, persino in Italia, cognome. È piena di amici.
Sono fiera di annunciare che ho appena trovato me stessa.
SCHITARRATA TRA AMICI
Caro amico ti scrivo così mi distraggo un po', e siccome sei molto lontano più forte ti scriverò.
Dimenticavo: la pasta in questione si ottiene frullando le mandorle con il basilico e l’olio d’oliva. Poi si aggiungono i pomodori e l’aglio (poco se puntate alla pomiciata) e si continua a frullare fino ad ottenere un composto omogeneo. Il peperoncino a parte che Titti non lo digerisce.
Playlist vi raggiungo dopo
30.8.08
LeRicordanze

Oggi questo blog compie un anno.
Sono passati 365 giorni da quando scrivevo queste inaugurali parole.
A questo punto immagino che dovrei riportare qualche riflessione di assoluta profondità.
28.8.08
Sballo&Arena

(Laurence Sterne)
Basta mugugnare, poi la depressione non fa audience.
Va un po’ meglio. Del resto prima o poi dovrò abituarmi al fatto che tutte le estati finiscono.
Allora allegria, affrontiamo argomenti più leggeri: la crisi dell’economia in Spagna.
La crisis, come la chiamano loro, è la parola che ho sentito pronunciare più spesso nel corso della mia ultima incursione in terra iberica di poche settimane fa.
Dunque, pare che l’economia attraversi un periodo di assoluta stagnazione, i prezzi crescono e il potere d’acquisto de los españoles è sempre minore. Del resto anch’io, nel mio piccolo, l’ho trovata un po’ più cara del solito. Non c’è bisogno di essere un economista per capire che la crisi c’è.
Ah… la crisis, bofonchiavano un po’ tutti con in mano il loro drink in uno dei mille bar di Madrid (dove a dire il vero una consumazione costa molto meno che in un qualunque pertugio romano di periferia), le ipoteche delle case sono sempre più care, ah il lavoro è sempre più precario, ah questi sindaci che impongono la chiusura dei locali alle tre di notte…
Vi dovessi dire farei volentieri a cambio di crisi, prendetevi quella italiana, poi ne riparliamo.
C’è meno lavoro, ma gli spagnoli quando rimangono a spasso prendono “el paro”, che sarebbe l’equivalente del nostro sussidio di disoccupazione (questo sconosciuto). El paro può arrivare a fruttarti ogni mese 1000 euro, quando qui non solo non abbiamo sussidi, ma 1000 euro (quando va bene) è quanto prendono un numero spaventoso di brillanti laureati per parecchi anni. E poi è vero: il lavoro è spesso precario anche lì, ma conosco poche persone in Spagna che rimangano disoccupate per periodi particolarmente lunghi. E quando lavorano gli stipendi sono pari ai nostri, se non, spesso, superiori.
E la vita continua a costare decisamente meno. Quando dicevo quanto costa una casa in affitto a Roma, mi guardavano come un’aliena. Di ipoteche e costi delle case ho preferito non parlare, mi avrebbero preso per pazza. Che manca? Ah, la chiusura dei locali. Non so voi ma io a Roma alle 2 di notte vedo in giro solo fantasmi sbadiglianti diretti a casa, a parte qualche frequentatore di quelle improbabili discoteche, dove non andrei neanche morta e dove comunque una consumazione costa quanto un mese d’affitto (prezzi italiani, si intende). In Spagna brulica di locali di ogni tipo, la maggior parte molto carini e sempre strapieni, e comunque se superi la soglia fatidica delle 3, e ti sembra così immorale andartene a letto stravolta dopo una serata di marcha, basta che giri un po’ e qualcosina aperto lo trovi sempre.
Poi dici che una torna depressa dalle vacanze. È che torni depressa in Italia.
E quegli ingrati hanno anche il coraggio di lamentarsi.
Ma comunque, crisis o no, non perdono il loro immancabile, irrefrenabile, gusto per las fiestas. In Spagna ogni occasione è buona per festeggiare, ogni città, contrada o minuscolo paesino in estate ha le sue fiestas. Che poi sarebbero una versione riaggiornata delle nostre feste popolari, con molto più alcol, molti più giovani e molta più musica. A Madrid addirittura ogni zona ha le sue feste, in date diverse. In quell’occasione tutti i bar del quartiere mettono dei banchetti in strada dove vendono birra e cocktail e tutti hanno degli altoparlanti che, per qualche strana magia, sono sincronizzati, per cui diffondono tutti la stessa musica. E tutti stanno per strada a ballare.
A Roma andate a luglio alla festa de noantri a Trastevere. Il massimo dello sballo sarà prendervi una fetta di cocomero e fare un giro tra le tristi bancarelle.
Ma che ci volete fare, loro la convivialità ce l’hanno nel sangue. Andate al ristorante con un gruppo di spagnoli. Mica è come da noi che ognuno si prende il suo piatto, e al massimo ti concede un assaggio. Gli spagnoli fanno ordinazioni collettive, il cameriere poi mette le pietanze al centro del tavolo e tutti intingono da li. Non c’è verso di potersi gustare qualcosa in solitudine. Ma fa parte del gioco.
E poi diamogli il merito di aver inventato le tapas, che si fa un gran parlare di finger food ma gli spagnoli il finger food ce l’hanno da secoli. Sono stata a San Sebastian, celebre per le sue ottime, ricercatissime, tapas. Con 2 euro mangi “finger food” di specialità gustose, e spesso anche molto raffinate. Vuoi mettere.
L’unica pecca è che per vivere in Spagna ci vuole un fisico bestiale. E mangia tutti insieme, e parla tutti insieme (spesso in contemporanea, che ti verrebbe voglia di fare come Vespa a Porta a Porta e moderare un po’ il dibattito), e esci, e vai a ballare, e andiamo in questo locale, e poi in quest’altro e poi domani andiamo tutti a fare un giro nel tal paesino che ci sono le fiestas e poi tutti insieme a mangiare un'altra volta.
Io dopo una settimana in Spagna torno a Roma distrutta, quasi pregustando la depressione della nostra di crisi.
Che è peggio della loro, ma almeno ti riposi.
SALMOREJO SOLITARIO
4 pomodori maturi
1 spicchio d'aglio
2 fette di pane secco tritato
1/2 etto di Jamon serrano (o prosciutto similare)
2 uova sode
olio
aceto
sale
Ci si stanca ma si mangia bene. El salmorejo, un piatto originario dell’Andalusia, è una versione rivisitata del più celebre (da queste parti) gazpacho, con meno verdure e più cremosa. Fredda e agliosa, l’appetitosa cremina in Spagna si mette al centro del tavolo e tutti ci intingono il pane. Se siete poco socievoli o depressi o entrambe le cose, preparatevela a casa, spegnete il telefono, e gustatela in assoluta solitudine. Ecco infatti le dosi per una persona (con molta fame).
Sbuccio i pomodori (difficile? Buttali in acqua bollente per qualche secondo, poi passali sotto l’acqua fredda e magia: la buccia si staccherà quasi da sola) e li frullo insieme al pane e all’aglio. Aggiungo poi olio, sale e aceto fino a che non avrò ottenuto una salsa densa ma perfettamente omogenea che metto in frigo a raffreddare. A questo punto taglio il prosciutto a striscioline, se non avete il serrano cercate un equivalente salato e saporito, direi prosciutto di montagna, e faccio a quadratini le uova sode. Quando il salmorejo è ben freddo, lo ricopro con il prosciutto e le uova e lo servo, preferibilmente in un recipiente di terracotta, almeno in Spagna fanno così.
Magari vi è passato il malumore, allora offritelo ai vicini, e mettete lo stereo a palla gridando Ay, no hay que llorar, que la vida es un carnaval y las penas se van cantando.
Oppure zitti zitti ingurgitatelo da soli.
In entrambi i casi sarà buonissimo.
Playlist festosa
Celia Cruz - La vida es un carnaval
24.8.08
In-Sicurezze

(...)Ah l'uomo che se ne va sicuro,agli altri ed a se stesso amico(...)
Dove eravamo rimasti?
A proposito di insicurezze, meditavo oggi se iscrivermi a Facebook. All'improvviso sembra che tutto il mondo sia su Facebook tranne me, e mi sento vagamente colpevole di assenteismo cybernetico. E se qualcuno mi cercasse? Magari il mio compagno di banco della terza elementare è curioso di sapere se nel frattempo sono riuscita a memorizzare gli affluenti del Tevere (comunque no, neanche quelli del Po) e io screanzata non mi faccio trovare.
Oggi niente ricette, mi è passata la fame.
5.8.08
NelBluDipintoDi

E volavo, volavo felice più in alto del sole ed ancora più su.
(Domenico Modugno)
Domani ultimo aereo di questa lunghissima estate.
Volo a Madrid, poi da lì sarò sballottata su e giù per la pazza Spagna, dove nessun dorme, tutti drinkano senza sosta e marciano compatti da una movida all'altra.
Sono già stanchissima.
Comincio a desiderare una scrivania dove sentirmi precaria e annoiata, lavoricchiare per un qualunque programma televisivo di cui nessuno sentiva l'esigenza e sognare le prossime vacanze.
Mi toccherà aspettare, e continuare ossessivamente a divertirmi e riposarmi.
Ma quando mi riposerò dal riposo?
Mi candido per il ruolo di guardiana di un faro solitario.
Ora devo andare, non aspettatemi alzati, farò tardi.
SPAGHETTI SOLITARI
Spaghetti
Aglio
Olio
Sale
I forzati delle vacanze quando fanno ritorno alla base si ritrovano immancabilmente alle prese con un indispettito frigo vuoto in piena crisi abbandonica. Non cercate di consolarlo comprando qualche triste zucchina al supermercato, andranno a male prima ancora della vostra prossima partenza. Riscoprite piuttosto il potere taumaturgico dell'unica cosa che potete ancora cucinare prima di salire sul prossimo aereo, gli spaghetti aglio e olio.
Semplici solo in apparenza, possono essere buonissimi o tristissimi, dipende dalla vostra perizia, dalla vostra disperazione e anche un po' dal caso. Sono da consumarsi in solitaria, godendosi il silenzio. Ci starebbe bene anche il prezzemolo, ma è impossibile che sia sopravvissuto vivo in frigo, per cui nisba. Molti ci mettono anche il peperoncino, ma il vostro stomaco è stanco delle mille giravolte a cui lo costringono le vacanze, abbiate pietà di lui.
Per 80 grammi di spaghetti uso due spicchi d'aglio che faccio rosolare in olio abbondante mentre cuocio la pasta in acqua salata. Scolo molto al dente e salto in padella.
Mangio lentamente. Se riesco vado anche a letto presto, ma non ditelo agli spagnoli.
Playlist frenetica
Domenico Modugno - Volare
Giacomo Puccini - Turandot. Nessun Dorma
28.7.08
VitaDaRicci
(Nazim Hikmet)
Lo so, è un lavoraccio. Ma qualcuno doveva pur farlo.
Sarò ormeggiata a Roma fino alla settimana prossima, poi ricomincia il cuocaprecaria tour. I fan mi aspettano in Spagna. È dura essere una star.
E comunque la vacanza è un’attività impegnativa, prevede continuamente la risoluzione di complessi problemi di ordine gestionale. A che spiaggia andiamo oggi? Mi passi la crema? Che gelato vuoi? Vieni a fare un bagno? La giornata è tempestata di dubbi…
Nel frattempo sono diventata un’esperta pescatrice di ricci a mani nude, che mangiavo sulla spiaggia in perfetto stile survivors. Sarebbe stato bello poterci fare una spaghettata, ma la pigrizia vacanziera mi ha distolto dall’eroico proposito. E poi gustarli appena presi e aprendoli con mezzi di fortuna fa molto più figo, vuoi mettere.
In ogni caso se doveste capitare in Sardegna, o in altri mari pulitissimi, raccogliete tanti ricci, che la ricetta ve la do io.
Se galleggiate invece in acque più torbide, chiedete al vostro pescivendolo di fiducia, a volte li vendono.
Altrimenti riposatevi a casa, che la vacanza è faticosa…
RICCI E CAPRICCI
Ricci di mare
Linguine
Aglio
Prezzemolo
Olio
Sale
Cari Robinson Crusoe de noantri, come sicuramente già saprete, i ricci commestibili sono i Paracentrotus lividus, al secolo i ricci femmina. I maschi lasciateli stare, fanno solo perdere tempo. Per distinguerli basta guardare il colore, le femmine sono violacee o marroni, i maschi sono neri e incazzati.
La leggenda vuole che il periodo migliore per pescare i ricci siano i giorni di plenilunio o di luna calante, quando le femmine sono piene di uova, che è poi quello che si mangia.
Se come me ancora non programmate le vostre vacanze in base alle fasi lunari, affidatevi alla sorte, mettendo in conto di trovare qualche riccio con poche uova. Comunque scegliete ricci grandi, ovviamente hanno più uova. Staccateli dalla roccia con un coltellino o, se siete fighi come me, con una pietra rimediata sulla spiaggia o addirittura a mani nude, che è il top dello stile naufrago. E pazienza se poi porterete tutto l’anno le stigmate di qualche aculeo inferocito che vi si è conficcato nelle dita. È il prezzo dell’avventura.
Una volta a casa, per aprire i ricci prendo un coltello o delle forbici e pratico un’incisione circolare sulla parte superiore, quella con il forellino. Poi elimino la calotta e raccolgo le uova (la parte arancione) in una terrina.
A questo punto il più è fatto, ora semplicemente faccio dorare l’aglio in padella mentre cuocio le linguine in acqua salata. Scolo al dente, tolgo l’aglio, metto la pasta nella padella e la faccio saltare brevemente insieme alla polpa di riccio ed il prezzemolo tritato. Se risulta troppo asciutto (o se ho pescato pochi ricci) aggiungo un po’ di acqua di cottura della pasta.
Il sapore del mare è incredibile, al sapore di sale ci ha già pensato Gino Paoli
Playlist saporita
Gino Paoli - Sapore di sale
16.7.08
AssenteIngiustificata

il cammino e nient’altro.
Camminante, non c’è cammino,
si fa cammino all’andar.
Niente blog per un po'.
Ma non disperate, torno presto.
14.7.08
AmiciMiei

Non crediate sia facile.
A proposito, ho da poco ricevuto in dono da un’amica della bottarga e dei capperi.
Ah, ricordati che mi devi ospitare nella tua casa al mare!
OSSI DI SEPPIA E BOTTARGA
La poesia di prima è stata scelta quest’anno tra i temi di maturità, al candidato si chiedeva di commentare il “ruolo salvifico della donna" espresso nella poesia. Peccato che Montale avesse scritto questi versi per un amico, tale Boris Kniaseff, dimenticato ballerino russo...
Playlist ti scrivo una canzone se mi inviti a casa tua (anche i cantanti lo fanno)
7.7.08
OhLaLa
Ciò che non è chiaro non è Francese.
Nella fresca Francia il vento soffiava gentile, giravo in bicicletta, dicevo oh la la, mangiavo baguette e tutto andava bene.
È un paese meraviglioso, se non fosse per i suoi abitanti. Non fraintendetemi, non mi stanno affatto antipatici. È solo che a volte sono troppo, insopportabilmente, francesi.
Par example: è carina questa cosa che ci si da tutti del voi (cioè del lei), anche tra coetanei. Quando non ci si conosce è maleducato dare del tu. Perfetto. Entri in un negozio e ti senti Maria Antonietta (la regina, non la portiera del vostro palazzo), con i commessi profusi in smancerie tra un bonjour madame appena varchi la soglia, seguito a ruota da je peux vous aider? (il corrispettivo del "dimmi" che ti ciancica la commessa romana se proprio vuole collaborare, cosa affatto scontata), il tutto innaffiato da merci (ti ringraziano qualsiasi cosa tu faccia) e je vous emprie (che sarebbe prego, se li ringrazi tu, ma loro possono continuare con il grazie – prego per ore).
Al momento dei saluti poi danno il massimo, con litanie interminabili di grazie, prego, a presto, è stato un piacere, passi una buona giornata o una buona serata o un buon week end o una qualunque cosa buona lei voglia passare.
Giuro.
Sono un po' leziosi, insomma, e quasi rimpiangi le rustiche commesse romane che a fatica ti salutano quando varchi la soglia del negozio.
Al ristorante poi i camerieri ti svolazzano intorno solleciti, pronti ad esaudire ogni tuo desiderio neanche fossi il critico culinario in incognito che è lì per decidere se dare loro la 3° stella della guida Michelin.
Sono gentili, questo non si può negare… anche se bisogna dire che non eccellono certo in empatia linguistica.
Tanto per farvi capire che non esagero: sotto si dice “au-dessous”, sopra si dice “au-dessus”. E adesso provate ad andare a chiedere se il gatto è sopra o sotto il tavolo.
A proposito di caffè, gli irriducibili della tazzina farebbero meglio ad evitare la Francia. Il loro café è una brodaglia nera, bollente oltre ogni ragionevole motivo, servito in una tazza enorme e per di più caro, non meno di 1.50€, quando va bene, per una schifezzuola che rischia di rovinarvi la giornata. Ed è inutile cercare di fare i furbi ordinando un expresso (con l’accento ovviamente sulla o), vi portano la stessa acquetta disgustosa, solo che in una tazzina più piccola.
Comunque sono adorabili, attenti solo a non fare come me.
L’altro giorno, par example, ero in un bar all’aperto, mi godevo il venticello e aspettavo mia sorella per mangiare insieme una tartine. Vedo avvicinarsi volteggiando la solita gentilissima cameriera e comincio a ripetermi senza sosta che io aspetto una persona di sesso femminile, quindi devo dire UNE amie (leggi uuuuun) e non UN amie (leggi an), ero concentratissima.
Arriva la tipa, si scioglie in salamelecchi e poi mi chiede se voglio ordinare.
Non mi freghi! Rispondo tutta seria: J’espere une amie.
La gentilissima mi guarda allibita, passano alcuni secondi colmi di tensione mentre io scocciata penso “vabbè, magari avrò detto male sto accidenti di uuuun, ma in fondo a te che ti cambia se aspetto un amico o un’amica?”, poi la sconvolta cameriera ha un lampo di genio: Ah, vous ATTENDEZ une amie! E ridacchiando sotto il solito sorriso cortese mi abbandona, lasciandomi sola alla mia approssimativa attesa.
Uuuuun era pronunciato perfettamente, peccato io abbia detto "spero un’amica", dimenticando che aspettare e sperare usano lo stesso verbo solo in Spagna.
In Francia mentre aspetti qualcuno puoi solo sperare di non essere fraintesa…
GENTILISSIMA TARTINA
Pane bianco
Marmellata di fichi
Insalatina
Salame
Gherigli di noci
Dopo l’incidente diplomatico, e una volta arrivata mia sorella a farmi da interprete, ho gustato un’ottima tartine, che sarebbe una specie di bruschetta, una fetta di pane molto lunga su cui i francesi mettono di tutto.
La mia prevedeva uno strato di marmellata di fichi, ricoperto da un'insalatina tipo rucola, delle fette di salame (erano fette piuttosto larghe e sottili, tipo il nostro salame Milano), il tutto sormontanto da gherigli di noci.
Magari non sarete mai in grado di dire se il salame va messo “au-dessous" o “au-dessus” dell'insalata, ma riprodurre questa gustosa tartine dovrebbe essere alla portata di tutti, j'espere!
Grazie, siete stati gentilissimi a voler leggere fino a qui.
Buon appetito, buona serata e buon inizio settimana.
Playlist di cortesia
Charles Trenet - Douce France