30.12.09

VersoSaturno


Non penso mai al futuro. Arriva così presto.

(Albert Einstein)


Ci siamo, il 2009 è pronto a rotolare in un cassetto impolverato insieme alle mutande rosse che userete a capodanno. E voi, lo so, vi starete già domandando come sarà il nuovo anno. Eccolo qui.


Il 2010 sarà l’anno più caldo di sempre, a sentire gli scienziati, e sarà l’anno peggiore per la vendita di auto. Andremo a piedi sotto un sole bollente. Ma sarà anche l’anno delle riforme, almeno così dice il nostro premier, e l’anno della Biodiversità (ma noi quella la celebriamo da anni, votando il nostro premier). Il mercato dei chip sarà in ripresa (contenti, eh?) e sarà l’anno degli eretici digitali, qualunque cosa siano. Sarà l’anno della tigre, dell’e-book e del cinema in 3D. Tecnologici quindi, pure nella giungla. Il 2010 sarà anche l’anno della svolta, dicono, ma non abbiamo capito quale.

Per gli arieti come me, e per i leoni e i sagittari, sarà l’anno di Saturno, contro. Ma pare che non sia così negativo: il buon vecchio Saturno aiuterebbe a chiudere vecchi cicli, e a sperimentare. Olè. I tori saranno rilassati e affascinanti, le vergini conosceranno le rivoluzioni dell’anima, i capricorni sperimenteranno nuove armonie, i gemelli saranno rimpinzati di amore, i bilancia saranno creativi, gli acquari instabili ma pieni di emozioni, i cancri sperimenteranno il successo, gli scorpioni saranno fortunati, i sagittari ottimisti e i pesci fluidi, spericolati e sorridenti.

Sarà poi l’anno della raccolta rifiuti porta a porta e del turismo verde. Speriamo davvero. Sarà l’anno europeo della lotta alla povertà ma sarà anche l’anno del Milan, che povero non è ma fa venire un po’ voglia di lottare (contro, come Saturno). Sarà il bicentenario della nascita di Chopin, quindi il 2010 è anche il suo anno. Mentre ascoltiamo un notturno del Maestro, ricordiamoci che sarà anche l'anno della lotta all'obesità, perciò piano col cotechino. Sarà l’anno della formazione e l’anno della Cina in Italia. Per comodità formativa suggerisco quindi un corso di cinese. Sarà l’anno del turchese, dovevo dirvelo. E sarà l’anno di Android, che non vi preoccupate non sono gli alieni ma è un sistema operativo targato Google per gli smartphone, cioè i cellulari intelligentissimi (e anche questo non potevo tacervelo). A proposito: il 2010 sarà l’anno dei micropagamenti con il cellulare, così stiamo comodi, ma sarà anche l’anno del lusso, che con i micropagamenti ha poco a che vedere.

Il 2010 insomma sarà l'anno di un sacco di cose, speriamo anche di qualcosa di giusto.


Per me il 2010 sarà l’anno del coraggio, della dolcezza, della forza. Sarà l’anno del sorriso, delle unghie laccate di rosso ciliegia e dei libri gialli. Del viola che chi l'ha detto che porta sfiga e dei ciclamini bianchi che non muoiono mai, anche se non hai il pollice verde. Degli amici veri, dei viaggi, dei cambiamenti. Della calma, della voglia, delle parole. Del radicchio, della mela e della musica. Del movimento, della luce, del mare.

Sarà l’anno dell’amore, come ogni anno, come sempre. Ogni anno è buono per amare un po’ di più.

Buon anno!


26.12.09

BuonTemponi


A questo mondo bisogna essere un po' troppo buoni, per esserlo abbastanza.
(Pierre de Marivaux)


E anche questo natale ce lo siamo tolto di torno. Ci manca solo capodanno e poi possiamo stare tranquilli fino ad almeno carnevale, senza obblighi mangerecci, festaioli o altrimenti gioviali.
Ancora qualche giorno e potremo smettere di augurare ogni bene a commesse, passanti, amici lontani, vicini di casa e baristi.
Ancora un piccolo sforzo e finalmente finiremo di distribuire baci come attori sul red carpet e di sorridere ecumenicamente come un Papa (prima di essere steso al tappeto).
Pochi giorni di pazienza e torneremo a mangiare meno di 14.500 calorie al giorno. È quasi fatta, dai.


Devo però fare una confessione: dopo 31 anni passati a bofonchiare di come mi deprimono le feste obbligatorie, allo scattare del trentaduesimo natale mi sono avviata al cenone del 24 trotterellando e colma di un’insolita allegria. Ed eccomi lì tutta contenta di sedermi a tavola con la famiglia, fare brindisi, ascoltare Julio Iglesias (mia madre è una fan sfegatata: non riusciamo ad avere un Natale senza “Se mi lasci non vale” neanche a pagare), mangiare salmone e scartare regali. Invecchiando divento morbida, mio malgrado. Buona, sorridente e inopinatamente ottimista. Mi sto quasi preoccupando.
Per la prima volta nella mia vita, poi, non ho recriminato sui regali, il che per me è un record, essendo sempre stata afflitta da una rara sindrome che prevede una perenne insoddisfazione per i doni incassati, come se il mondo non capisse che quello che volevo era altro. Cosa non si sa, ma il regalo ricevuto mi lasciava sempre insoddisfatta, incompresa e malmostosa. Ora invece apprezzo, capisco, mi sento capita. Scarto regali canticchiando la valigia sul letto è quella di un lungo viaggio e sorrido con aria ebete. Credo di essere vittima di una strana congiuntura astrale che prevede Giove in volemose bene in quadratura con Plutone peace&love e Venere che tutto ama e comprende in decima casa. Ho l’ascendente in cioccolato e il quadro astrale di Minnie. Mi faccio quasi paura.
Approfittatene finché dura. E regalatemi quel che volete.

SE NON MANGI NON VALE
500 grammi di ricotta
100 grammi di gocce di cioccolato
150 grammi di zucchero
4 cucchiai di farina
4 uova
scorza di 1 limone
1 pizzico di sale
2 cucchiaini di essenza di vaniglia

Poiché siamo in vena di dolcezza - e comunque fino al 7 gennaio non riusciamo a scendere dalla soglia delle 14.500 calorie giornaliere - contribuiamo a rendere questo mondo un posto migliore a colpi di ricotta, cioccolato e regali. La ricetta della torta la copiate da quella di Tulip, io come lei suggerisco di non aggiungere uvetta e propongo inoltre di aspettare almeno mezza giornata prima di mangiarla. È una di quelle torte che hanno bisogno di indugiare in frigo per dare il meglio di sè. Alcuni per rendere al massimo e diventare buoni devono attendere 32 anni. Altri non ci arrivano mai, ma gli vogliamo un po’ bene lo stesso - almeno finché dura la congiuntura astrale. Se la mettete in uno stampo di silicone viene lucida e bellissima, oltre che buona.
In quanto ai regali, un pensiero è per sempre (almeno finché non viene riciclato).
Meglio comunque riciclare un po’ di bontà, rimane in circolo e non offende il donatore.

Playlist non valida
Julio Iglesias – Se mi lasci non vale

23.12.09

C'èPostaPerLui



A very Merry Christmas
And a happy New Year
Let's hope it's a good one
Without any fear.
War is over, if you want it
War is over now.
(John Lennon)








Carissimo,
sono sempre io.

Come butta da quelle parti?
Qui il Natale non si sente più molto, se non fosse per il traffico, i regali inutili da comprare e da ricevere, la pubblicità dei pandori, il colon irritabile e quella vaga sensazione di stordimento che ti coglie alle cinque di pomeriggio, così, senza un perché.
E no, non siamo meno precari. Anzi. Quindi vedi che poi fa'.

Rendici anche un po’ più buoni, o se proprio non ci riesci almeno facci un po’ meno ipocriti, meno piccoli, meno stanchi. Ma anche meno politically correct, che palle. Dacci di nuovo la voglia di sorridere, ricordaci che è bello dire cose belle agli altri, non solo criticare. Insegnaci a farci più complimenti, anche quando pensiamo che siano ovvi. Non lo sono. Regalaci la capacità di ascoltare ma anche la voglia di raccontare. Invitaci a parlare con il cuore, ma non farci dimenticare la bellezza del silenzio. Portaci la voglia di viaggiare, fuori e dentro di noi. Dicci come coccolare gli amici e perdonare tutti gli altri. Mettici musica, facci ballare. Cucinaci cose buone. Riportaci le favole ma manda via gli orchi, le belle addormentate, i brutti troppo svegli, i re nudi, i cortigiani vestiti a festa, i draghi, i Suv, le mafie, i furbetti, l’ignoranza, la paura, la mediocrità e quasi tutto il palinsesto televisivo.

Queste sono le mie semplici richieste. Se non puoi esaudirle tranquillo, ma sappi che vengo su e ti buco le ruote della slitta.
E buon natale.

ROCK YOUR CHRISTMAS
Pandoro
Gelato
Cioccolato fondente (opzionale)

Senti Babbo dimenticavo, è proprio indispensabile il pandoro, non c’è un altro dolce tipico che possiamo mangiare? Come dici, hai un contratto di esclusiva con la Bauli?
Occhei, vada per il pandoro anche quest’anno. Ma almeno ci mettiamo dentro il gelato e lo vivacizziamo un po’, se non ti spiace.
Lavoro il gelato (nei gusti che preferisco, ma normalmente si usa crema e/o cioccolato) in una ciotola fino a renderlo cremoso. Taglio il pandoro a fette orizzontali e farcisco ogni fetta con il gelato. Ricompongo il tutto e lascio in freezer un paio d’ore. Al momento di servire posso accompagnare con cioccolato fondente fuso.
Sono 1000 calorie al grammo, ma per quanto mi riguarda non ho chiesto a Babbo Natale di essere più magra. Con la panza che si ritrova non vorrei offenderlo…
La guerra è finita, almeno per me, statemi bene.

Playlist la guerra è finita (se vuoi)
John Lennon - Happy Christmas (War Is Over)

13.12.09

PensavoFosseAmoreInveceEraUnoStage


Una donna è una donna fino al giorno in cui muore. Ma un uomo è un uomo solo finché ci riesce.
(Moms Mabley)



Si stava meglio quando si stava. In un modo qualunque, ma almeno si stava. Prendi gli anni 60, per esempio: i Beatles cantavano, si mangiava l’arrosto la domenica, si trovava un lavoro e ci si sposava. Noioso forse, borghese probabilmente, ma ah così rassicurante. Oggi John Lennon è morto, Paul Mccartney è impegnato a gestire le sue ex mogli, l’arrosto è fuori moda, il posto fisso è diventato mobilissimo e il matrimonio è ancora troppo borghese. Bisogna aggiornarsi.

La precarietà ha contagiato tutto, anche l’amore. Ci si molla e ci si prende con la stessa flessibilità con cui si licenzia un co.co.pro. Le coppie sono diventate a progetto, che non vuol dire un progetto di vita ma un rapporto di collaborazione a termine senza obbligo di preavviso in caso di recessione di una delle parti. Ci si mette insieme in formula stage, vediamo come va e in caso rinnoviamo per altri sei mesi.
Gli uomini nel frattempo sono in crisi come l’economia mondiale. Terrorizzati e tremebondi propongono a donne sempre più perplesse formule estemporanee di rapporto, perché la vita è lunga e non puoi mai sapere che succede domani. Se dopo svariati rinnovi di contratto la controparte timidamente suggerisce di passare almeno ad un tempo determinato con obbligo di preavviso, nicchiano, fingono strani malori, si iscrivono a un torneo di calcetto con allenamenti giornalieri e dopo poco spariscono, si smaterializzano con un sordo pof, lasciandoti un calzino sporco sotto il letto, il saggio storico che leggono da 3 anni sul comodino e un carica batterie del cellulare (che non è neanche compatibile con il tuo).
A volte poi si smaterializzano anche senza che la controparte proponga un passaggio di status. Semplicemente annusano l’aria come vecchi marinai prima della tempesta (ormonale), capiscono che lo stage va avanti da troppo e scompaiono per sempre nella nebbia prima che tu riesca a dire “ti noto strano ultimamente”.
Una volta conobbi un tipo che quando sentiva che una relazione stava diventando seria era colto da attacchi di panico. Te lo ritrovavi steso sul letto, cianotico, che si tastava il cuore convinto di avere un infarto, dimentico di essere un medico e quindi in grado di distinguere un attacco di cuore da una botta di ansia. Era seriamente convinto che sarebbe morto da un momento all’altro. È ancora vivo, state tranquilli. Solo, non fateci affidamento.
Altri sono meno fantasiosi, ma comunque esilaranti.
C’è l’innamorato cronico, quello che ti vede, rimane estasiato, ti chiede in sposa dopo 2 ore, giura che non si è mai sentito così prima e ti promette amore eterno fino a quando non vede un’altra, rimane estasiato e la chiede in sposa dopo un’ora e mezza (con l’allenamento i tempi si riducono).
C’è l’immancabile Peter Pan, un genere sempre in voga, che a 38 primavere suonate ancora non si sente pronto a impegnarsi, e alla sua paziente controparte che lo aspetta da anni dice “non sono sicuro di conoscerti ancora fino in fondo”. Be’ del resto, ogni essere umano è un mistero senza fine, come biasimarlo.
C’è lo scapolo impenitente, tra i 40 e i 50, brizzolato, con la moto, ogni anno un viaggio esotico, una manciata di tatuaggi, innamorato solo del suo cane e del suo lavoro, che ti sussurra “bambola il mio cuore è uno zingaro, ma forse con te potrei cambiare”. Bambola, lui non cambierà, fidati.
C’è l’intellettuale, occhiali di tartaruga, giacche di velluto, bicicletta, casa in centro storico arredata con studiata trasandatezza ed ore ad ascoltarlo mentre disserta di musica barocca, cinema polacco anni 40, politica economica cecena e whisky scozzese invecchiato 30 anni. “Il concetto di coppia è un invenzione borghese per tutelare lo status quo capitalistico” sentenzia al primo appuntamento, e se aspetti di fargli cambiare idea ti ritrovi come il whisky scozzese. Passa al vino novello e mollalo senza rimpianti.
Poi c’è l’indeciso, generalmente un precario anche lui, quello che “forse lascio tutto e apro un agriturismo, no ho deciso scrivo un libro, ma forse l’unica soluzione è andare all’estero” e intanto “non sono sicuro dei miei sentimenti, credo di provare qualcosa per te ma non so bene cos’è, forse ti amo ma forse no”. Ecco, forse no. Mandaci una cartolina dall’agriturismo all’estero dove scriverai il tuo libro.

Questi fidanzati precari di oggi vedono le donne come un orologio biologico ambulante, ne spiano il ticchettio da lontano e sentono, rabbrividendo, i rintocchi anche quando la portatrice sana di ovulo non è minimamente intenzionata a figliare con lui.
Portatrice che poi, c’è da dirlo, con gli anni si è parecchio incattivita. Insoddisfatta del lavoro, gira con branchi di amiche ridacchianti e ciniche, fa l’aria da dura, si inerpica su aggressivi tacchi a spillo e dall’alto dei suoi 15 centimetri di traballante autorità si diverte a terrorizzare gli uomini, che già non brillavano per coraggio, con frecciatine velenose, pistolotti spocchiosi e aria di superiorità. E poi si lamenta che lui non l’ha richiamata.
Dall’altra parte della barricata c’è la portatrice che si cimenta nel ruolo storico di crocerossina, cambia i tacchi per delle più rassicuranti ballerine, si dipinge un’aria di compassionevole indulgenza e, tutta miele e amore, si lancia all’arrembaggio del più impenitente dongiovanni al grido di “io ti cambierò” (o salverò, o convincerò). Le ci vogliono anni per capire quello che Mia Martini già cantava nel 1994: gli uomini non cambiano. Nel frattempo ha speso capitali dall’analista, le amiche non la sopportano più e non le rimane che inerpicarsi sui tacchi e procurarsi nuove amiche ciniche con cui sentenziare che gli uomini sono tutti uguali.

Gli uomini non sono tutti uguali. Ma sono tutti ugualmente confusi. E del resto neanch’io mi sento più troppo sicura.


SCUSA MA TI CHIAMO ARROSTO
Lonza di vitello
Arance
Vino bianco
Olio
Sale
Pepe

Dopo il crollo di tutte le certezze, non rimane che rispolverare il grande classico: l’arrosto all’arancia. Da cucinare di domenica per invitare a pranzo le amiche ciniche, gli amanti confusi, le crocerossine stanche, gli innamorati cronici e gli uomini in fuga. Un arrosto, dolcemente demodé, mette sempre d’accordo tutti. O almeno, non delude.
Lego la carne con lo spago e la faccio rosolare in una casseruola con l’olio caldo. Sfumo con il vino e quando sarà evaporato aggiungo le arance spremute, almeno 5 per un chilo di carne. Aggiungo sale e pepe e lascio cuocere a calore moderato per almeno un’ora e mezza. Volendo aggiungo la scorza delle arance tagliata a bastoncini. Servo con l’immancabile contorno di patate al forno e con De Andrè in sottofondo: perduto in novembre o col vento d'estate, io t' ho amato sempre, non t' ho amato mai, amore che vieni, amore che vai.


Playlist amabile
The Beatles – You really got a hold on me
Mia Martini – Gli uomini non cambiano
Fabrizio De Andrè – Amore che vieni, amore che vai

4.12.09

QuantoCePiaceDeChiacchiera'


Alla gente le chiacchiere non piacciono soltanto quando si parla di loro.
(Will Rogers)






"Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati."

Non è Geppetto mentre rimbrotta il suo burattino che ancora una volta si è fatto fregare dal gatto e la volpe. A parlare è il direttore generale della Luiss, pregando pubblicamente il figlio di cercare fuori dall'Italia quello che il suo, pur privilegiato, erede non potrà più trovare in patria.
Rispetto, meritocrazia, trasparenza.

Avremmo potuto parlare di molte cose in questi giorni.
Per esempio della esilarante proposta di Brunetta di inserire i compensi degli autori Rai nei titoli di coda dei programmi. Perchè la gente vuole trasparenza nel servizio pubblico, dicono. Occhei, ma allora per par condicio vorrei che a ogni intervento politico il telegiornale mettesse in sovraimpressione il guadagno mensile di un deputato, esclusi benefit. Oppure che la Rai, vicino al valore economico degli autori pubblicasse le paghe degli stagisti, così tanto per.

Oppure potevamo disquisire del No B-Day, che mentre diventava una sigla così oscura il tempo è passato e non ci si ricorda più bene contro cosa si doveva protestare. Va be', nel frattempo andiamo in piazza che poi il motivo ce lo ricorderemo lì, tanto un motivo c'è sempre. E no che io in piazza non ci vado, e io invece sì, e la Rai dice che non riprenderà la manifestazione, com'è come non è, e quanto ce piace de chiacchiera'. Intanto la sigla diventa sempre più oscura, e i motivi sempre meno chiari. Sarà il no Baffi Day, stop ai peli superflui e si scende in piazza coi rasoi? Oppure è il no Bimbi Day, meno marmocchi per tutti? Macchè, quì tutti giù a fare figli anche a 13 anni che la pillola abortiva non c'è. O forse sarà il no Bacio Day, che poi una cosa tira l'altra e se vogliamo salvare i nostri 13enni... Oppure è il No Barolo Day, una manifestazione promossa dalla Peroni per sostenere l'uso della birra sulle tavole italiane. Sì, mi sa che la sigla sta per no Barolo. In effetti non fa una piega. Salute.

Altrimenti potevamo discutere di paura, pare che gli italiani siano diventati terrorizzati un po' da tutto e secondo un recente sondaggio otto connazionali su dieci guardano all'immigrazione, soprattutto quella clandestina, con crescente timore. Pensano che gli immigrati siano il 23% della popolazione complessiva (mentre sono circa il 6%, la tua vicina non è magrebina, è solo un po' baffuta) e che siano più un problema che una risorsa. Ma intanto a raccogliere i pomodori o a spingere la carrozzella di nonno ci andassero loro, che noi ci abbiamo da lavora'.


E invece sto qui a raccontare di questa lettera sconfitta e preoccupata, scritta da un padre che potrebbe non preoccuparsi più di tanto, da uno che un aggancio al figlio lo troverebbe facilmente, tanto lo fanno tutti. E invece si preoccupa, e scrive cose così vere che ti rendono triste.
E sempre più figli guardano all'estero, a volte per scelta, a volte, la maggior parte, per necessità. O anche solo per la voglia di opportunità. Le famosi pari opportunità, dai noi diventate, chissà perchè e chissà quando, dispari. E ritira il dado.

8 italiani su 10 pensano che è tutta colpa dello straniero invasore, intanto gli altri inveiscono contro chi manifesta, quelli a loro volta protestano contro chi sta al governo, che a sua volta mugugna contro chi scrive i giornali, e così via.
E intanto, zittiti dal borbottio indistinto, in silenzio, invisibili, tanti figli preparano le valigie per tornare a fare quello che abbiamo sempre fatto (a parte protestare): emigrare.

Gli altri, semplicemente, chiacchierano.


A TUTTA BIRRA
Pollo a pezzi
Birra chiara
Olio
Aglio
Sale
Pepe

Se partecipate al No-BDay (inteso come Barolo, a questo punto è chiaro) dovete sapere che la birra potete berla o potete mangiarla, magari insieme al pollo. Tanto, a occhio, direi che in questo periodo di polli in giro ce n'è abbastanza per tutti.
Faccio rosolare il pollo in padella con l'aglio tritato e un filo d'olio. Poi aggiungo la birra fin quasi a ricoprire i pezzi di pollo, abbasso il fuoco e lascio cuocere con il coperchio una trentina di minuti, aggiungendo eventualmente altra birra durante la cottura se si dovesse asciugare troppo. Quando è quasi pronto aggiungo sale e pepe, alzo il fuoco per far restringere il sughetto e servo in tavola.

Il pollo alla birra piace a 6 italiani su 10, 2 su 10 protestano perchè rivogliono il Barolo e gli altri 2 sono parzialmente favorevoli alla ricetta, purchè il pollo sia italiano (e senza baffi).
Era giusto dirlo, io alla trasparenza ci tengo.