22.9.09

LeParoleCheNonHoDetto




Altrove, senza dubbio, esistono i tramonti. Ma perfino da questo quarto piano sulla città si può pensare all'infinito. Un infinito con magazzini sottostanti, è vero, ma con stelle all'orizzonte.
(Fernando Pessoa)






Voi non lo sapete, ma il mio vero blog io lo scrivo nella testa.
Compilo nella mia scatola grigia pagine e pagine di riflessioni. Nascoste tra le mie confuse sinapsi giacciono un’infinità di parole. Ho scritto milioni di post dentro di me, passeggiando, parlando al telefono, cucinando, cantando una canzone, lavorando (riesco ancora a pensare quando lavoro. Penso ad altro in genere, ma almeno qualcosa penso).
Non a caso sono una maestra del multitasking. Faccio cose, vedo gente, lavoro per quattro denari, cambio lavoro, mando curricula, faccio colloqui, stringo legami, spezzo catene, mi annoio, rido, ascolto, piango, sogno, vivo. E intanto, silenziosamente, nella mia testa scrivo.
Li dimentico quasi sempre questi scarabocchi mentali, travolta da qualcosa che in fondo non è mai così importante. Ma neanche i miei cuocaprecari pensieri, a ben vedere, sono abbastanza importanti, non sopravvivono alla fugacità della mia memoria a breve termine. I post che arrivano fino qui sono solo riflessioni estemporanee, quello che rimane quando ho dimenticato tutto il resto.
Ma qualcosa rimane, tra le pagine chiare e le pagine scure. E devo dirlo, a volte mi sorprende pensare che questo blog sia sopravvissuto a uno degli inverni più lunghi e più cupi della mia esistenza. Mi sorprende vedere che sono riuscita a ridere, quasi sempre. A volte anche a fare ridere.
L’inverno 2009 è stato infinito, deserto, smarrito, confuso, ovviamente precario, nauseabondo e triste, tremendamente triste. Eppure l’ho superato. Gli ho riso contro. E diamine, ogni tanto sotto voce mi dico: «brava, è stata proprio dura, ma sei ancora qui».

Ma l’inverno è finito. Non sono meno CuocaPrecaria. Sono solo meno stanca. Ed è un bel risultato.
E lo so che brontolo che adesso arriva l’autunno, che l’estate è finita, e che tristezza, e sempre io e te, noi e voi, e non cambia mai niente e bla bla bla.
Ma dentro di me ci sono post nuovi, nuove parole nascoste, meno tristi. Ce l’ho fatta. L’inverno è finito. Adesso può anche arrivarne un altro. Io sono pronta.
Fatti sotto tristezza. Precarietà, a noi due.
Tutto il resto, semplicemente, ‘fanculo.


QUELLO CHE RIMANE
Macinato misto
Mollica di pane
Uova
Mortadella a dadini
Formaggio filante
Uvetta
Parmigiano
Prezzemolo
Olio
Sale
Pepe

Il polpettone mi rilassa. Non ha regole, non ha obblighi, non ha quasi mai errori. È semplice, buono, economico, è tanto. Esistono mille polpettoni, ognuno ha il suo. Io ne ho diversi, tutti sparsi e senza regole come le parole nella mia testa. Tenetelo a mente quando arriverà l’inverno. Anche un polpettone a volte aiuta. Non basta, ma aiuta.
Eccone uno, fate questo, oppure un altro. Fate come vi pare.
Mescolate tutti gli ingredienti (tranne il formaggio molle) in dosi approssimative ma sensate. Per 300-400 grammi di carne non più di un uovo, per esempio. Non mettete troppo parmigiano. Olio pochissimo, anche niente. L’uvetta fatela prima rinvenire in un po’ in acqua e poi mettetene quanto basta per dare un sapore diverso, ma non troppa, che non è mica un panettone. Prezzemolo il giusto. Mortadella un po’, che non fa mai male e fa bene all’umore, ma a dadini piccoli sennò intralcia. Mollica di pane strizzata nel latte o pan grattato, in fondo è lo stesso, non fate i fissati. Sale poco, pochissimo, ma un po’ ci vuole, l’insipido è da depressi. Fate sport se vi preoccupa l’ipertensione. E bevete tanta acqua. Ma non mangiate sciapo, che tristezza. Pepe non troppo che questo polpettone non è un albergo (di spezie), ma non dimenticatelo, sennò che gusto c’è. Mescolate tutto, anche con le mani. Mescolate ancora, impastate, perdetevi nel polpettone crudo. Serve, credetemi. E poi è fatta, basta appiattire il composto in un piatto e mettere al centro le fette di formaggio, quello che avete va bene. Richiudete il polpettone sopra il formaggio e formate un rettangolo, con il formaggio al centro. È più facile farlo che scriverlo. Mettere in forno a circa 180° per mezz’ora o un po’ di più.
Vi auguro un inverno pieno di bellissime parole. E di tutto quello che rimane.

Playlist avanzata
Francesco De Gregori - Rimmel

16.9.09

WakeMeUpWhenSeptemberEnds

L'animo non avrebbe arcobaleno se gli occhi non avessero lacrime.
(John Vance Cheney)

Sono giorni che penso di scrivere qualcosa per queste neglette pagine ma non riesco a produrre niente di più sensato di vaghi mugolii.

Settembre è un mese crudele, mi strappa dalla pelle il sapore dell’estate. Si torna a scuola, devo comprare un’agenda nuova, avere nuovi sogni, nuove idee, vecchie paure.
Odio settembre, è un precipizio sull’autunno.

Ma non sono venuta qui per borbottare malmostosa, avrete anche voi il vostro settembre da smaltire, immagino.
Potremmo sederci su una panchina, guardare le giornate che si accorciano mentre la routine allunga la sua ombra minacciosa sui ricordi di un agosto ormai lontano.
Macché, non sono mica di malumore, figuriamoci. Mai stata più felice. No, non sono lacrime, è la pioggia settembrina. E sì, certo che ho voglia di tornare al mio lavoro precario, a inseguire contratti, cocopro e altre vaghe certezze. Chi non ne avrebbe voglia?

Ma è settembre per tutti e non infierirò.

Che poi lo so, non è così tremendo come può sembrare. Il destino è sempre lì acquattato in un angolo, tra una pozzanghera e il primo giorno di scuola. E le stelle continuano a guardarci, e a sorridere maliziose.

Niente ricette oggi, solo un mugolio affettuoso per tutti voi.