24.7.09

DottoressaJekyll&SignorinaHyde



Beh, mi dispiace Wendy, ma io non mi fido di una cosa che sanguina per cinque giorni e poi non muore.
(South Park - Il film)






Essere una donna può presentare dei vantaggi a volte. Il fruttivendolo ti chiama amore mio per rifilarti le albicocche dell’anno scorso, il capo ti rivolge sorrisi elettrizzanti prima di consegnarti la busta paga di Paperino e qualche muratore ucraino al tuo passaggio si profonde in espressioni di sincero apprezzamento; o magari sta dicendo «spostati di lì che sto lavorando», ma se non capisci il russo non lo scoprirai mai.

Nella maggior parte dei casi però è solo una grandiosa seccatura. Prendiamo il ciclo, per esempio. La vita è fatta di anni, gli anni di mesi e i mesi di settimane. Leviamo i giorni spensierati dell’infanzia e lasciamo le preoccupazioni sulla menopausa ad altri momenti. Rimangono circa una trentina d'anni di età fertile.
Per 30 anni ogni mese della vita di una donna è cadenzato da tre momenti topici: fase preparatoria all’ovulazione, ovulazione e mestruazioni. Tra l’ovulazione e le mestruazioni avviene quella che chiamerei quarta fase, fase di emergenza. Una settimana circa prima dell’inizio delle mestruazioni comincia infatti per due donne su tre il calvario della Sindrome Premestruale. Ovviamente io sono una di quelle due.
Una volta al mese, ogni benedetto mese, per tre o quattro, nei casi peggiori cinque, interminabili giorni patisco contemporaneamente la maggior parte dei seguenti disagi: irritabilità, cambiamento d'umore, crisi di pianto immotivate, manifestazioni depressive, aggressività, stanchezza, aumento di peso e tensione addominale.
In pratica sono un pallone gonfiato stanco, incazzato nero e irrimediabilmente depresso. Mentre scrivo queste righe sono nel pieno della mia sindrome. In due giorni ho già mandato a spigolare una manciata di persone a me care, pianto qualche lacrima, provato pentimento per le persone da me bistrattate, chiesto perdono, sperimentato senso di angoscia inguaribile, pianto di nuovo e nuovamente mandato a farsi friggere un altro paio di malcapitati.
Oramai l’arrivo delle mestruazioni l’accolgo con sollievo, vuol dire che sono sopravvissuta a un’altra Sindrome Premestruale (con qualche amico in meno forse, ma viva).
Le mestruazioni in sé tra l’altro sono meno fastidiose di quanto si possa immaginare, se non calcoliamo il mal di testa dei primi due giorni di ciclo. Ma almeno sono tra quelle fortunate che non soffrono lancinanti dolori di pancia e si drogano di Aulin con sguardo assassino. È già qualcosa.
Mi rimangono poi una decina di giorni per ristabilirmi prima della fase ovulatoria. Fase della durata di tre giorni in cui trovo attraente chiunque e lancio sguardi carichi di tenere promesse ad ogni uomo tra i 17 e i 67 anni che abbia la sfortuna di entrare nel mio raggio visivo. All’alba del quarto giorno mi dimentico di aver mai avuto un'ovulazione, sbadiglio di fronte al calendario sexy di Raul Bova e rispondo con sdegno alle profferte amorose del 17enne, l’unico ad aver preso sul serio le lusinghe degli occhi miei ridenti e fulminati.

In sostanza sono una persona emotivamente stabile, serena e capace di normali interazioni sociali per circa 4 giorni al mese. Il resto del tempo sono semplicemente una pazza, vittima delle complesse interazioni tra estrogeni, progesteroni, ormoni luteinizzanti e chissà cos’altro ancora.
Precaria invece lo sono sempre. Ma quella non è una sindrome. O sì?


QUESTIONE DI GIORNI
Spaghetti
Pan grattato
Acciughe
Capperi
Olive nere
Aglio
Olio EVO
Prezzemolo
Peperoncino

Quasi dimenticavo: durante la Sindrome Premestruale si è vittime di tremendi attacchi di fame. I migliori svaligiamenti del frigo avvengono in questi periodi, generalmente di notte ma ogni ora è buona. Ci sono stati avvistamenti di donne intente ad addentare oggetti, insetti vivi e distribuire morsi a ignari passanti. Generalmente però cioccolata, dolci e carboidrati sono gli alimenti più richiesti. Del resto non si è mai visto nessuno mangiare sedano scondito durante un raptus mangereccio.
Vista la stagione, consiglio alle vittime della sindrome, ai parenti delle vittime e anche un po’ a tutti gli altri, un buon piatto di spaghetti con pan grattato e alici.
In una padella faccio dorare uno spicchio d’aglio con l’olio d’oliva, aggiungo le alici e le lascio sciogliere. Aggiungo poi i capperi, le olive e il peperoncino e faccio cuocere pochi minuti. Scolo la pasta molto al dente e la faccio saltare in padella con gli altri ingredienti, aggiungendo se serve un po’ di acqua di cottura. Ricopro con il pan grattato (tostato precedentemente con un filo d’olio) e con il prezzemolo fresco.
E che l’ormone sia con voi.

16.7.09

BelleFuori



Se una donna si guarda spesso allo specchio, può darsi che non sia tanto un segno di vanità quanto di coraggio.
(Mark Twain)




Incontro per caso una mia conoscente. Cinguettiamo del più e del meno per qualche minuto poi lei mi dice: «Non farci caso, oggi ho una faccia tremenda. Sto lavorando troppo in questo periodo». Brillava in effetti di quel colorito spento, simile al mio del resto, di chi passa troppo ore di fronte a un monitor e troppe poche a scorrazzare all’aria aperta . «Ma che dici? Stai benissimo», la rassicuro io poco convinta. Ci esaminiamo di sottecchi le reciproche forme fisiche e ci salutiamo con l’inutile promessa di rivederci presto.
Poco dopo mi sono ritrovata a pensare: «Ma perché si è scusata di avere una faccia tremenda? Perché si sente in colpa se non si può mostrare al meglio a una conoscente che incontra per caso una volta ogni tre anni? Perché capisco così bene il suo stato d’animo? E perché probabilmente al posto suo avrei detto la stessa cosa anche io?».

Già, perché?
Per lo stesso motivo per cui quando sei al mare con un’amica lei si giustifica se ritiene di non essere perfettamente depilata, se pensa di avere troppe smagliature o una percentuale di cellulite troppo superiore alla media socialmente tollerabile. «Oddio guarda che pancia che ho. È che mi sento così gonfia ultimamente». Perché questa frase, pronunciata con aria contrita, non mi stupisce più? Perché la pronuncio così spesso anch’io? (e comunque la Marcuzzi può dire quello che vuole, ma quella non si chiama pancia gonfia, si chiama ciccia. Il bifidus actiregularis non serve a niente)

La domanda, a questo punto alquanto scontata, è: «Perché le donne si sentono in colpa se non sono perfette?».
Adesso dovremmo parlare di ruolo della donna, disparità sociale, modelli estetici imposti dai media e ansia da prestazione nel voler essere contemporaneamente una manager di successo e una mamma felice avendo un fisico da modella anche dopo 4 gravidanze, di cui una gemellare, e un cervello da premio Nobel per la fisica anche dopo esserti sposata l’equivalente intellettuale di Homer Simpson.
Ma col caldo che fa non me la sento di sobbarcarmi questa fatica.

Comunque le mie amiche non sono aspiranti veline. Ho viste ragazze intelligentissime inveire contro se stesse per qualche trascurabile difetto fisico, geni delle scienza uscire in lacrime da un camerino, donne in carriera dichiarare con aria sognante che farebbero qualsiasi cosa per avere i capelli lisci e pezzi di fimmina meravigliose ammazzarsi di diete da quando sono al mondo.

Ho visto anche marmocchie vestite da veline giocare con bambole dalle labbra siliconate. Ho visto reggiseni imbottiti e perizoma destinati espressamente a bambine di 8 anni. Ho visto ex attrici dal volto deturpato dagli interventi estetici. Ho visto tante donne normali ugualmente deturpate. Ho visto anziane truccate come ballerine da avanspettacolo. Ho visto tatuaggi nei luoghi più impensati, piercing, extension, unghie finte e ciglia posticce. Ho visto donne abbigliarsi come porno star per andare al supermercato. Ho visto fiumi di insicurezza nascosti dietro gli ombretti e universi popolati di come-sarebbe-tutto-meglio-se-solo-non-fossi-così: grassa, magra, senza tette, con troppo culo, bassa, stangona, pelosa, con pochi capelli, con tutti questi ricci, vecchia, troppo giovane. Se solo non fossi troppo me.

Neanch’io sono un’aspirante velina. Altrimenti mi farei pagare per andare a qualche festa, passerei le estati a Formentera e vivrei terrorizzata dall’idea di invecchiare.
Invece mi preoccupo più del mio sostentamento finanziario che dell’innarrestabile avanzata delle rughe; fortunatamente non ho la gobba nè la gotta e grazie a qualche estimatore qua e là e ad amiche lusinghiere riesco talvolta a guardarmi allo specchio senza odiarmi troppo.
Ma allora perché ogni tanto l’idea di non assomigliare ad Angelina Jolie (o chi per lei) mi fa sentire in colpa? Perché non conosco nessuna che assomigli ad Angelina Jolie ma tutte, più o meno spesso, chiedono scusa al mondo per la discrepanza?
Perché Angelina Jolie, molto probabilmente ma forse non così spesso, si guarda in cagnesco allo specchio e maledice le sue occhiaie?
Perché nessuno è perfetto ma nessuna donna ancora se ne capacita?

Chi fornisce la risposta ai quesiti avrà in omaggio una crema snellente trattamento intensivo.
Perché voi valete.


SCIVOLARE SU UNA BUCCIA DI ARANCIA
2 vasetti di yogurt bianco
2 arance
zucchero a velo
mandorle

Il bifidus dello yogurt non servirà a farvi scomparire la pancia ma, insieme alla buccia d’arancia, può tornare utile per un dessert. È sempre qualcosa.
Per due persone semplicemente sbuccio un’arancia e la taglio a fettine. L’altra la spremo, dopo aver raccolto la scorza con l’apposito aggeggio. Mescolo lo yogurt con il succo di arancia, le scorze e uno o due cucchiai di zucchero a velo. Verso in due coppette e ricopro con le fettine d’arancia e una manciata di mandorle. Faccio riposare un po’ in frigo prima di servire.
Ora devo proprio andare, ho un aspetto tremendo oggi e non vorrei incontrare qualcuno.
E scusate la faccia.


5.7.09

VaOraInOnda


La televisione non potrà reggere il mercato per più di sei mesi. La gente si stancherà subito di passare le serate a guardare dentro a una scatola di legno.
(Darryl Zanuck, produttore televisivo e cinematografico americano -1946)



Dal 16 giugno nel Lazio è sbarcato il digitale terrestre. Plof, dal buon vecchio etere sono sparite per sempre Rai2 e Rete4, visibili ora solo ai fortunati possessori di televisioni postmoderne con decoder incorporato e agli habitué del satellite.
La mia televisione è del 1987, la comprò mio padre quell’estate per portarla al mare da noi figlie degli anni 80 che non potevamo perderci lo storico concerto di Madonna in Italia, quando Louise Veronica Ciccone gridava: siete pronti, siete caldi? Quello lì.
È un microscopico Philips che ha visto passare dal suo tubo catodico le immagini degli ultimi 22 anni: muri che crollavano a Berlino, le guerre di tanti Golfi, 4 presidenti americani, non so quante legislature italiane, Berlusconi I, II, III e IV, innumerevoli starlette del piccolo schermo, la nascita di Mtv, il primo Grande Fratello, l’ultima intervista ad Enzo Biagi, milioni di film e qualche quiz milionario.
È nato molto prima di internet, mi ha seguito quando sono andata a vivere da sola ed è durato ad oggi più di quasi tutto quello che mi circonda, con una fedeltà inaudita in questi tempi digitali.
Il 16 giugno il mio vecchio, quadrato amico si è visto improvvisamente privato degli iperbolici Tg di Emilio Fede, dei Bellissimi di Rete4, dei film stralunati del sabato sera su Rai2 e chissà di quali altre meraviglie. Da quel fatidico giorno non è stato più lo stesso, Rai1 è smarrita in una nebbiolina indistinta, Rai3 cigola e Canale5 biascica (più del normale, intendo). La7 si vedeva malissimo anche prima. Rimangono praticamente solo Italia1 ed Mtv. Un palinsesto ciovane e per i ciovani. Temo che il vecchio non supererà l’estate. Non comprerò un nuovo televisore, e non solo per questioni di budget. Voglio portare per un po’ il lutto di un epoca che muore, schiacciata dal nuovo (ma neanche poi tanto) che avanza.
È strano, ma l’idea di non poter godere dei 100 e più canali che il digitale terrestre mi metterebbe a disposizione non mi spaventa affatto.
Sarà una lunga estate. Siete pronti, siete caldi?


TUBO CATARTICO
Uova
Parmigiano
Prosciutto cotto
Spinaci
Sottilette
Sale
Pepe
Olio

Gli anni 80 sono morti ufficialmente quest’estate, insieme al buon vecchio Philips, a Michael Jackson, e alla nostalgia. Non è più tempo di rimpianti, al massimo di rivisitazioni culturali. La frittata, per esempio, è incredibilmente eighties, così nazional-popolare, da sabato sera a casa davanti al tubo catodico a guardare Heather Parisi e le sue cicale. Cucinare una frittata di questi tempi può dare delle risposte, far ricordare chi ha dimenticato. Che mangiavamo prima del sushi take away? C’era vita sulla terra prima della nascita di RyanAir? È stata fondata prima Roma o Cologno Monzese? Cose così.
Facciamola a tubo questa frittata, un involtino vecchio stile per un omaggio digitale ai tempi andati.
Preparo come al solito, sbattendo le uova con un po’ di parmigiano, sale e pepe. Cuocio in padella come ogni frittata del mondo e poi, quando è pronta, la appoggio su un foglio di stagnola. Ricopro con sottilette, spinaci lessati e prosciutto cotto. Arrotolo delicatamente e lascio nella stagnola a prendere forma per una decina di minuti. Poi tolgo la carta e taglio a fettine. Mangio guardando un film sul computer, magari proprio un bel film degli anni 80, magari “Ricomincio da Tre” (1981).

Gaetano: Cioè, chell che è stato è stato, basta! Ricomincio da tre!
Lello: Da zero!
Gaetano: Eh?
Lello: Da zero! Ricominci da zero!
Gaetano: Nossignore, ricomincio da... cioè, tre cose me so' riuscite ind'a vita, pecchè aggià perdere pure cheste?! Aggià ricominciare da zero? Da tre!

Playlist ricomincio da 2009
Madonna - Like a Virgin
Heather Parisi - Cicale